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Politica estera: coinvolgere parlamento, ma senza modificare legge

(Keystone-ATS) Le Camere federali vanno maggiormente coinvolte in politica estera. Una modifica della legge sul Parlamento, come chiesto da due iniziative parlamentari depositate da Marco Romano (PPD/TI) e Thomas Aeschi (UDC/ZG), non è però necessaria, dice Commissione.

Secondo la commissione della politica estera del Consiglio degli Stati (CPE-S) è sufficiente che il Consiglio federale emani una direttiva o un’ordinanza.

La minoranza (sconfitta con 7 voti a 5) ritiene invece che occorra apportare precisazioni a livello di legge oppure, quanto meno, attendere le proposte concrete del Consiglio federale prima di pronunciarsi sulle due iniziative. Una mozione d’ordine che chiedeva di sospendere l’esame delle due iniziative è altresì stata respinta con 8 voti contro 4.

Le iniziative parlamentari sono state depositate quando il governo non ha consultato il Parlamento prima di approvare alcune raccomandazioni internazionali, come quelle dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) sulla doppia imposizione che ha introdotto la facoltà delle “domande raggruppate” e quelle del Gruppo d’azione finanziaria internazionale (GAFI) che impongono di inserire anche dei reati fiscali quali infrazioni preliminari al riciclaggio.

Per chiarire la situazione, la Commissione della politica estera del Nazionale (CPE-N), che dovrà esprimersi nuovamente, aveva raccomandato l’accettazione delle iniziative parlamentari di Aeschi e Romano.

Il democentrista chiede che le raccomandazioni e le decisioni dell’OCSE e delle sue agenzie specializzate siano previamente soggette a un obbligo d’informazione e di consultazione nelle commissioni legislative competenti. Romano, da parte sua, domanda che il governo coinvolga il Parlamento nel processo decisionale e di approvazione di “soft law” o raccomandazioni internazionali, se l’attuazione delle stesse può comportare modifiche alla legislazione interna.

Con 7 voti contro 5, la CPE-S ha pure respinto una iniziativa cantonale di Ginevra che chiedeva maggiore trasparenza in merito ai negoziati relativi all’Accordo sul commercio dei servizi (ACS, in inglese TiSA). La maggioranza ritiene infatti che il governo federale informi in modo già sufficientemente accurato.

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