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Pressing Italia per misure economiche comuni

La presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel in conferenza stampa a Bruxelles. Keystone/EPA/STEPHANIE LECOCQ sda-ats

(Keystone-ATS) L’Italia va in pressing sugli altri Stati europei perché si adotti il prima possibile una risposta unitaria alla crisi del coronavirus, che sta diventando sempre più anche una crisi economica.

Un meccanismo solidale di ripartizione del debito a livello europeo – dei “coronavirus bond”, insomma, come li ha battezzati il premier italiano Giuseppe Conte – oppure un fondo di garanzia Ue che possa finanziare con urgenza tutte le iniziative dei singoli governi per proteggere le economie che rischiano di essere messe in ginocchio dalla pandemia.

E anche se dal vertice Ue straordinario non è emersa ancora una decisione in questa direzione, Roma può incassare l’assicurazione del presidente del Consiglio europeo Charles Michel e della cancelliera tedesca Angela Merkel che l’Europa è “risoluta ad agire unita” e a fare tutto ciò che sarà necessario. “Non esiteremo a prendere misure aggiuntive se la situazione lo richiederà”, ha assicurato anche la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

D’altronde la consapevolezza che per rianimare un’economia finita in arresto cardiaco è necessario allargare i cordoni della borsa sui bilanci pubblici sembra essere ben chiara anche agli altri paesi, che si preparano a usare il bazooka.

Il governo francese ha annunciato uno sforamento dei parametri di Maastricht al 3,9% del rapporto deficit/Pil, con uno stanziamento da 45 miliardi di euro per sostenere imprese e lavoratori. La Spagna punta a mobilitare 200 miliardi di euro, di cui 117 pubblici. “La maggiore mobilitazione di risorse della storia democratica della Spagna”, ha promesso il premier Pedro Sanchez. Il governo britannico metterà sul piatto un pacchetto finanziario definito “senza precedenti” da 330 miliardi di sterline (404 miliardi di franchi).

Sul fronte delle misure sanitarie l’Unione europea ha deciso invece di sollevare il ponte levatoio e di richiudersi in una fortezza, per difendersi da ulteriori ondate del coronavirus. Tutti d’accordo i leader sulla decisione della Commissione europea di limitare per un mese i viaggi dall’esterno verso i paesi dell’area Schengen.

Oltre alla muraglia eretta verso l’esterno, una misura senza precedenti nella giovane storia dell’Ue, continuano però a sorgere anche sempre nuove barriere all’interno dell’Europa, per iniziativa dei singoli Stati che si muovono in ordine sparso. Con la notifica di Estonia e Norvegia è salito a 9 il conto dei paesi che hanno informato Bruxelles di avere reintrodotto controlli alle frontiere verso altri Stati dell’area Schengen. Prima di loro erano state Austria, Ungheria, Repubblica Ceca, Danimarca, Polonia, Lituania, Germania e Svizzera.

I numeri dei contagi, in crescita esponenziale in tutto il Vecchio Continente, sembrano giustificare la preoccupazione delle capitali e l’accelerazione impressa nelle misure di contenimento. In Italia il numero complessivo dei contagiati ha raggiunto i 31.506; le vittime sono 2.503 (+345).

In Spagna i contagi accertati sono aumentati ancora, arrivando a 11.000, con un incremento di 2 mila casi in un giorno. Aumento analogo in Germania dove il numero dei malati è salito di quasi un quarto in 24 ore superando quota 8.000, con le vittime salite a 22. In Francia si contano 7.730 casi gravi di coronavirus confermati con test, più di 1.000 in più nelle ultime 24 ore. Nel Regno Unito i contagi accertati balzano a 1.950, con un aumento record di 407 casi in più in 24 ore.

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