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Primi raid Usa lanciati dalla Turchia contro l’Isis

(Keystone-ATS) Droni statunitensi hanno bombardato postazioni dell’Isis in Siria, nell’aerea di Raqqa, partendo dalla base turca di Incirlik. È la prima volta che accade dall’inizio dell’offensiva contro i sostenitori del Califfo Abu Bakr al Baghdadi.

L’operazione è il frutto dei progressi negli accordi tra Ankara e Washington per combattere l’Isis, hanno spiegato i responsabili turchi.

Ma lo Stato islamico, costretto alla ritirata in varie zone dell’Iraq e della Siria, straripa come un fiume in piena: secondo gli esperti i jihadisti con la bandiera nera sono ormai presenti in 22 Paesi.

In Egitto, a sorpresa, sono riusciti a mettere le mani su un cittadino croato in una periferia del Cairo. Il rapimento è avvenuto il 22 luglio, ma la matrice jihadista è emersa solo oggi, con la pubblicazione di un video. È intitolato “messaggio al governo egiziano”, e la Wilyat Sinà (lo ‘Stato Islamico della provincia del Sinai’) minaccia di decapitarlo “entro 48 ore se l’Egitto non libererà delle prigioniere musulmane”. Il rapito, che appare nella sequenza in ginocchio e con una tuta arancione, è l’ingegnere Tomislav Salopek, 30 anni, sposato con due figli. Lavora per la compagnia francese CGG, che fornisce rapporti geologici e geofisici soprattutto nel settore energetico.

E, sempre a mezzo video, oggi sono partiti nuovi appelli ai ‘lupi solitari’ in Occidente. “Fratelli, lanciate la jihad in Germania o Austria. Prendete un coltello, andate in strada e sgozzate gli infedeli”, afferma Muhammad Mahmoud, indicato dal Site – il sito di monitoraggio dell’estremismo islamico sul web – come “un esponente di spicco dei foreign fighter austriaci dell’Isis”.

Per fermare l’Isis, gli Usa hanno siglato l’accordo con Ankara, ma l’intesa è stata bollata come controversa da molti analisti statunitensi ed europei, perché all’indomani dei primi raid aerei della Turchia contro i jihadisti sono iniziati anche quelli contro i curdi del Pkk, gli ‘antichi’ nemici che Ankara pone sullo stesso piano dell’Isis, come ha ricordato ancora oggi il portavoce della presidenza, Ibrahim Kalin.

Sull’altro fronte del terrorismo internazionale, Aqap, Aqim e Jabhat al-Nusra, rispettivamente i rami yemenita-saudita, del Nord Africa e della Siria di al Qaida hanno pubblicato un comunicato congiunto di condoglianze per la morte del mullah Omar, annunciata nei giorni scorsi, senza tuttavia mai menzionare il nuovo leader dei talebani, il mullah Akhtar Mansour.

Secondo gli esperti di anti-terrorismo, le divisioni emerse tra gli insorti afghani e pachistani potrebbero spingere altri combattenti a giurare fedeltà a Baghdadi (l’Isis ha fatto un appello audio in questo senso) e il comunicato qaedista mira a impedirlo. Forse, va inserito proprio in questo quadro il mancato appoggio di al Qaida a Mansour, e le nuove minacce targate Aqap contro gli Usa: “Vi esortiamo a colpire l’America sulla sua terra e oltre”, è l’esortazione ai lupi solitari del gruppo.

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