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Profughi: Francia, bruciato 80% campo Grande-Synthe

(Keystone-ATS) Del campo rifugiati di Grande-Synthe, nel nord della Francia, restano “solo cumuli di cenere”. Dopo l’incendio di questa notte “ricostruirlo sarà difficile”: lo ha detto il prefetto di zona, Michel Lalande, precisando che il campo è ormai “inabitabile”.

L’80% della struttura è andata distrutta dall’incendio “doloso” appiccato “più volte” durante la rissa di ieri tra gruppi di migranti curdi e afghani. Poco dopo le due del mattino, i 1500 profughi presenti sul posto sono stati sfollati e messi in sicurezza.

Le autorità francesi hanno requisito tre palestre della zona per accoglierli. I soccorsi sono riusciti ad evitare il peggio, niente morti, una ventina di persone hanno ricevuto assistenza sanitaria.

Unico in Francia, quello di Grande-Synthe era considerato un campo modello, interamente finanziato da Medecins sans frontières (Msf) e dal sindaco, Damien Carme. Costruito nel rispetto delle norme internazionali il mini-villaggio era composto da circa 300 capanne in legno isolate dal freddo. Dopo mesi di aspri negoziati Msf e comune erano riusciti ad ottenere l’autorizzazione per l’apertura nel marzo del 2016.

Sui 2,7 milioni di euro (2,9 milioni di franchi) di spesa lo Stato non sborsò neanche un centesimo: 2 milioni arrivarono dalle casse di Medecins sans frontières e il resto venne dal municipio. Il primo campo umanitario di Msf sul territorio francese rispondeva ai dettami dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, con servizi sanitari, corrente elettrica, cucina collettiva, illuminazione pubblica e nessuna barriera. Da molti venne salutato come un esempio, tanto che il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, si era ispirata a Grande-Synthe per il campo umanitario aperto da qualche mese nel nord di Parigi.

Contrariamente a Calais a Grande-Synthe non c’erano controlli o registrazione delle impronte digitali. Dopo la chiusura della cosiddetta giungla alcuni si trasferirono qui costretti a dormire nelle cucine. Pare sia stato proprio questo a scatenare le tensioni tra comunità curda e afgana.

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