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Rimandate elezioni nel Donbass

(Keystone-ATS) Si raffredda la crisi in Ucraina. I ribelli filorussi hanno acconsentito a rinviare le elezioni nel tumultuoso Donbass, consultazioni che Kiev considera illegali: una mossa che ha subito raccolto il plauso da tutte le parti.

Disinnescata così una bomba che avrebbe potuto mandare in pezzi il processo di pace avviato con gli accordi di Minsk e la fragile tregua in vigore da settembre.

Ad annunciarlo sono stati due rappresentanti delle autoproclamate repubbliche in cui è divisa la regione: “Annunciamo che le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk hanno acconsentito a posporre le elezioni previste per il 18 ottobre (Donetsk) e primo novembre (Lugansk) all’anno prossimo”, hanno dichiarato Denis Pushilin e Vladislav Deinego in una conferenza stampa, citati dalla locale agenzia Dan. La nuova data provvisoriamente per le elezioni è il 21 febbraio 2016.

Ora a Mosca e Kiev e ai mediatori internazionali – dal “Gruppo di contatto” al quartetto “formato Normandia” con Francia e Germania – si presentano davanti cinque mesi in cui potranno lavorare a un compromesso, che consenta di adeguare le elezioni delle aree separatiste alla legislazione ucraina, come chiede perentoriamente Kiev come precondizione per riconoscerne la validità, contemperando questo con la richiesta degli insorti di maggiore autonomia amministrative per le repubbliche autoproclamate.

E consentirà all’Osce o all’Ue di organizzare un monitoraggio del processo elettorale. Tutte cose, queste, che non erano state messe nero su bianco nel secondo accordo di Misk, raggiunto nella capitale bielorussa in febbraio, in cui si prevedeva la tenuta di elezioni il 25 ottobre a Lugansk e Donetsk contestualmente il voto nelle altre regioni dell’Ucraina.

Kiev si era opposta perché sentiva che non avrebbe avuto alcun controllo sullo svolgimento del voto. La svolta, con il rinvio del voto a febbraio è maturata nelle ultime settimane, soprattutto nei colloqui a quattro con Angela Merkel e François Hollande a Parigi, dove la crisi ucraina si è intrecciata con quella siriana. Ed era già stata proposta da Dainego al Gruppo di contatto Kiev-Mosca- ribelli-Osce. E soprattutto è frutto del cambio di atteggiamento da parte di Vladimir Putin, che in queste settimane ha mostrato un atteggiamento più aperto al compromesso sull’Ucraina, in concomitanza con la nuova spinta russa nello scacchiere mediorientale contro l’Isis, e ha promesso di usare la sua “influenza” sui ribelli, pur continuando a negare di rifornirli di armi e uomini.

Il rinvio è stato infatti subito applaudito dal Cremlino, il cui portavoce Dmitri Peskov ha parlato di “un altro esempio di approccio costruttivo e flessibile nell’interesse della messa in atto degli accordi di Minsk”. Plauso anche da Kiev, dove il presidente, Petro Poroshenko, ha dichiarato che il rinvio è “il risultato diretto delle azioni coordinate dell’Ucraina e dei suoi partner nei negoziati a New York e Parigi” e che esso “apre la strada al ritorno dell’Ucraina nel Donbass attraverso elezioni nel rispetto della legge ucraina, basate sugli standard Osce e di certo senza forze occupanti”.

Una svolta positiva, secondo il portavoce dell’Alto rappresentante Ue per la politica estera Federica Mogherini – che “permette di preparare le elezioni locali in linea con la legislazione ucraina e con gli standard Osce ed il monitoraggio Odihr”, l’ufficio per la democrazia e i diritti umani dell’Osce.

Il gesto distensivo annunciato dai separatisti cade mentre è in corso il ritiro dei carri armati e delle armi pesanti dal fronte.

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