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Ristrutturazione parola d’ordine del momento per aziende svizzere

Molti posti di lavoro non sono agibili, calano i consumi, le aziende corrono ai ripari. KEYSTONE/ALESSANDRO DELLA VALLE sda-ats

(Keystone-ATS) Oggi Schindler e Sulzer, nei giorni scorsi SR Technics, Gategroup, Mikron e tanti altri: si accavallano in Svizzera le notizie di soppressioni di impieghi e chiusure di unità. Per molti “ristrutturazione” rimarrà la parola d’ordine anche nelle prossime settimane.

Lo dicono gli esperti della società di consulenza AlixPartners.

Dappertutto – spiega lo specialista Michael Baur all’agenzia Awp – nei piani alti delle aziende la domanda è la stessa: siamo sufficientemente in buona forma per affrontare i difficili prossimi anni? “Ora è importante che le aziende analizzino in dettaglio la propria situazione, il mercato e la concorrenza: e che non si limitino a sperare in una ripresa anticipata”.

“È essenziale riconoscere se si stanno affrontando cambiamenti a breve o a lungo termine”, afferma il responsabile di AlixPartners per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa. “Sussiste sempre il pericolo che il momento scelto per prendere provvedimenti sia troppo in là nel tempo”.

Secondo Bauer i programmi di aiuto governativo sono da considerare in modo positivo: danno alle aziende più tempo per reagire. “Tuttavia, al più tardi quando finiscono questi sostegni, come il lavoro ridotto o prestiti Covid-19, le aziende dovranno prendere decisioni su eventuali ristrutturazioni”, osserva il consulente. “Soprattutto se le prospettive rimarranno fosche”.

“Contrariamente alla crisi finanziaria del 2009, il problema non è quello del finanziamento e della liquidità: la crisi attuale si basa sulla domanda e sui consumatori”, osserva da parte sua Beatrix Morath, responsabile svizzera di AlixPartners. I settori che sono stati maggiormente colpiti sono quelli che hanno già sofferto per profondi e fondamentali cambiamenti del mercato, come l’industria automobilistica, che è nel pieno della transizione verso l’elettromobilità.

Lo stesso vale per il ramo dei viaggi. “In questo settore abbiamo visto una concorrenza agguerrita prima della crisi, con l’ingresso sul mercato, negli ultimi anni, di alcuni nuovi operatori. Quando è arrivata la crisi non erano quasi più disponibili cuscinetti finanziari”.

In tale comparto la crisi è tutt’altro che finita con l’allentamento delle restrizioni legate alla pandemia. “Il settore viaggi è stato colpito il più velocemente e più duramente e probabilmente soffrirà più a lungo”, si dice convinta Morath. “Durante l’isolamento, le aziende erano condannate all’inazione e non è successo nulla”. Con la ripresa dell’attività le sfide si sono fatte difficili, “soprattutto ora, nella fase di avvio: i costi sono tornati immediatamente a salire, mentre le entrate rimangono incerte”.

Anche nel commercio al dettaglio vi è una forte pressione verso una ristrutturazione. Al di fuori del comparto alimentare, vi era già stato uno spostamento verso la vendita online. “Il trend si è ulteriormente intensificato nel periodo delle chiusure”. Nel segmento del lusso poi si soffre, oltre che per la debolezza dei consumi, anche per il crollo del turismo.

Ma anche chi opera nel campo dei media non è messo bene. Nonostante la domanda di informazione sia molto elevata i ricavi pubblicitari continuano a diminuire. Altre forme di introiti, attraverso abbonamenti o l’utilizzo di pagamenti online, non possono compensare questa evoluzione. “Nel settore le crisi del passato hanno spesso dimostrato che ciò che è andato perduto non può essere recuperato”.

Meno univoco è il quadro nell’industria. Mentre i produttori di beni strumentali in particolare hanno avuto seri problemi, altri rami se la sono cavata meglio. Molto spesso si tratta comunque di trovare nuovi equilibri fra la sicurezza della catena di approvvigionamento, da un lato, e l’aumento dei costi dall’altro, conclude Morath.

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