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Siria: 3 milioni in fuga, Isis decapita soldato curdo

(Keystone-ATS) “La più grande emergenza umanitaria della nostra era”. Così Antonio Guterres, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), ha definito oggi le conseguenze sulla popolazione civile del conflitto siriano. I profughi all’estero hanno passato ufficialmente la soglia dei 3 milioni e gli sfollati nel Paese sono arrivati a 6,5 milioni. In tutto, dunque, quasi il 50 per cento dei siriani.

La tragedia dei rifugiati siriani all’estero, sottolineata oggi dall’Unhcr, rischia di aggravare le tensioni transnazionali che attraversano ormai tutta la regione mediorientale. Il loro numero è aumentato da 2 a 3 milioni in meno di un anno, senza contare altre centinaia di migliaia che non sono ufficialmente registrati. La stragrande maggioranza è in Libano, Giordania e Turchia. E più della metà sono minorenni.

Ma le cose sembrano essere destinate solo a peggiorare, con i combattimenti che continuano a imperversare tra regime e ribelli e le orde dello Stato islamico (Isis) sempre all’offensiva nel nord-est della Siria e nelle regioni irachene al di là del confine.

Oggi i jihadisti hanno messo in scena un altro dei loro rituali macabri, postando su Internet le immagini della decapitazione di un miliziano curdo prigioniero a Mosul. Non una ‘esecuzione’ nel deserto siriano, come avvenuto con il giornalista americano James Foley, ma in una strada di quella che è la seconda città dell’Iraq, con lo sfondo di una moschea.

‘Un messaggio di sangue’ è il titolo del video, quasi un secondo capitolo dopo il ‘Messaggio all’America’, come era stato chiamato quello con la decapitazione di Foley. Come lui, alcuni prigionieri curdi vengono mostrati vestiti di una tunica arancione, il colore delle divise dei prigionieri dei molti carceri americani.

Con alle spalle alcuni jihadisti vestiti di nero e incappucciati, uno dei prigionieri, in ginocchio, viene costretto a leggere un testo con cui vengono ricattate le autorità curdo-irachene, impegnate in prima linea nella resistenza all’avanzata dell’Isis in Iraq: “Le nostre anime sono nelle vostre mani. Ogni errore o imprudenza da parte vostra ci costerà la vita”.

Intanto oggi l’aviazione governativa ha martellato Jobar, un quartiere orientale di Damasco controllato dai ribelli. Mentre altri raid hanno colpito le postazioni dell’Isis nella provincia nord-orientale di Deyr az Zor, dove il regime teme una nuova offensiva dello Stato islamico, dopo quella con cui nei giorni scorsi si è impadronito della base di Tabqa, nella provincia di Raqqa, massacrando decine di soldati.

In Iraq, invece, i Peshmerga curdi, grazie alla copertura dei raid americani, proseguono la loro avanzata nella regione a nord-ovest di Mosul, avvicinandosi alla città di Zummar.

Il premier britannico David Cameron ha definito oggi l’Isis “la più grande e profonda minaccia mai conosciuta sino ad ora” per la sicurezza del Regno Unito. Dichiarazioni seguite all’annuncio di un innalzamento dell’allerta terrorismo dal livello “sostanziale” a “grave” a fronte dell’elevata probabilità di un attacco.

Domani a Milano i ministri degli Esteri della Ue discuteranno iniziative comuni per far fronte alla minaccia che cittadini europei arruolatisi nelle file dei jihadisti potrebbero rappresentare al loro ritorno in patria. Ma fonti europee hanno escluso la possibilità che vengano riallacciati rapporti con il regime di Damasco per combattere la minaccia dell’Isis.

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