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Siria: navi militari sparano su Latakia, 26 morti

(Keystone-ATS) Cecchini sui tetti, plotoni di esecuzioni puntati sui cortei di manifestanti, carri armati, artiglieria e, ora, anche le navi da guerra: il regime di Damasco ha calato oggi la carta della marina militare nel tentativo di reprimere le proteste in corso da cinque mesi.

Quartieri sunniti di Latakia, il principale porto del Paese e capoluogo della regione a maggioranza alawita (branca dello sciismo) a cui appartengono anche la famiglia presidenziale e i clan ad essa alleati al potere da 41 anni, sono stati raggiunti da colpi di cannone sparati da almeno tre navi da guerra, per la prima volta impiegate direttamente nella repressione dopo che a maggio alcuni pattugliatori erano stati schierati a largo di Banias, a nord del confine col Libano.

Ammar Qurabi, presidente dell’Organizzazione nazionale per i diritti umani, ha fatto sapere all’Ansa che i morti a Latakia sono stati almeno 26 mentre altre fonti del dissenso avevano parlato di 19 vittime. Tutti abitanti di quartieri a maggioranza sunniti (Sleibe, Raml Filastini, Bustan Saydawi, al Shaab e Raml Janubi), alcuni dei quali prossimi al mare.

Secondo Qurabi, altri due civili sono stati uccisi a Hama, un altro nella regione centrale di Homs e un altro ancora in quella nord-occidentale di Idlib al confine con la Turchia, portando così a 30 il totale dei morti di oggi.

La tv di Stato siriana ha riferito che le operazioni congiunte esercito-marina sono state effettuate in seguito agli atti di terrorismo commessi da bande armate in alcune zone di Latakia. I “terroristi”, afferma la tv, hanno ucciso quattro agenti, e ne hanno feriti altri 41. Negli scontri – prosegue l’emittente – sono morti anche quattro “miliziani” non identificati.

Numerosi video amatoriali pubblicati oggi sui YouTube mostrano in maniera evidente le tre imbarcazioni da guerra sulla linea dell’orizzonte di fronte alla costa di Latakia, il cui centro storico è abitato da sunniti, mentre i quartieri moderni sono da decenni dominati dagli alawiti originari delle montagne circostanti. In altri video, in cui sono riconoscibili i rioni di Latakia, si odono boati di colpi di arma da fuoco e dei bombardamenti.

I carri armati dell’esercito avevano già da ieri circondato le aree e protetto i rastrellamenti casa per casa effettuati dagli shabbiha. Si tratta di bande di lealisti armati, alawiti e i cui comandanti provengono per lo più proprio dall’entroterra della regione nord-occidentale, roccaforte dei potenti clan degli al-Asad, dei Makhluf, dei Khayr Bek, degli Shalish, tutti rappresentati ai vertici del potere. Lo stesso porto di Latakia è da decenni controllato direttamente e indirettamente da Jamal al Assad, zio del presidente Bashar, dai suoi figli e dai nipoti, da più parti indicati come i veri arbitri dei traffici, legali e illegali, verso Cipro, il Libano e l’Europa.

La nuova offensiva contro Latakia giunge a due settimane esatte dall’inizio di Ramadan, il mese islamico del digiuno (uno dei cinque pilastri dell’Islam), dopo che già Hama, Dayr az Zor, la regione di Idlib, quella di Homs e i sobborghi di Damasco sono stati vittime in appena dieci giorni di violenze.

Secondo i Comitati di coordinamento locali, più di 250 civili sono stati uccisi in questo periodo sacro per i musulmani, con una media di un morto ogni cinquanta minuti. Dal 18 marzo ad oggi, secondo fonti Onu, più di 2000 siriani sono morti nella repressione. Damasco smentisce queste cifre e parla di oltre 500 tra soldati e agenti uccisi dai “terroristi”.

I quartieri di Latakia oggi più colpiti erano stati tra i più attivi nelle manifestazioni e i residenti affermano che da mesi i loro rioni sono stati isolati dalle altre zone a maggioranza alawita con posti di blocco, taglio delle linee telefoniche, interruzioni dell’erogazioni di elettricità e di acqua e sospensione del servizio di raccolta delle immondizie. Nella notte centinaia di persone – sempre secondo gli attivisti – erano state arrestate nei sobborghi di Damasco, altri epicentri della rivolta. Dai quartieri periferici di Saqba, Daraya e Hamuriya si sono uditi fino all’alba boati di colpi di arma da fuoco.

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