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Siria: Obama vuole attaccare la Siria

(Keystone-ATS) Barack Obama ha deciso: “Gli Stati Uniti devono rispondere con un’azione militare” all’uso di armi chimiche da parte del regime di Assad. È stato “un attacco alla dignità umana”, le “atrocità siriane non vanno solo indagate, ma anche affrontate”, ha detto. Ma allo stesso tempo Obama ha deciso di non dare l’ordine alle forze Usa di passare all’azione, scegliendo di chiedere prima “l’autorizzazione per l’uso della forza ai rappresentati degli americani in Congresso”.

Lo ha detto lui stesso, con voce alta, decisa, e con a fianco il vicepresidente Joe Biden, in un annuncio al mondo dal giardino delle rose della Casa Bianca. Si tratta di un colpo di scena che quantomeno sposta il ‘calendario militare’ in avanti di diversi giorni.

Obama ha detto chiaramente di ritenere di avere l’autorità per dare al Pentagono l’ordine d’attacco, come “Commander in Chief”, e che è pronto a farlo. Ma ha anche detto che, “come presidente della più antica democrazia costituzionale del mondo”, ha chiesto comunque ai leader del Congresso di mettere in calendario “un dibattito e un voto”, sin dalla prossima sessione.

Ma il Congresso è chiuso per la pausa estiva, e la prossima sessione non si aprirà prima del 9 settembre. I democratici a Capitol Hill hanno già fatto sapere che stanno valutando una convocazione anticipata del Congresso, ma ancora non c’è nulla di deciso. E lo speaker della Camera dei Rappresentanti, il repubblicano John Boehner, ha detto che l’assemblea discuterà della possibile azione militare proprio nella settimana che inizia il 9 settembre.

Obama sembra però ora non avere più fretta. Il capo di stato maggiore interforze, Martin Dempsey, gli ha detto che il dispositivo militare necessario è pronto e non ha tempi di ‘scadenza’: sarà pronto all’azione “domani, tra una settimana, tra un mese”, ha precisato Obama. E in tal modo sembra lasciare tempo anche alla diplomazia, proprio quando il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che il vertice del G20, che si terrà a San Pietroburgo la prossima settimana, può essere una piattaforma per discutere della crisi in Siria.

Ma la mossa del presidente è anche una scommessa. “Ha deciso di lanciare i dadi. Potrebbe anche perdere”, ha commentato a caldo Wolf Blitzer, anchor politico di punta della Cnn. E una decisione, descritta da altri come un “mossa del cavallo in una partita a scacchi”, che ha preso molti di sorpresa.

I grandi media facevano ormai il conto alla rovescia per l’inizio dell’operazione militare. Soprattutto dopo che questa mattina gli ispettori dell’Onu hanno lasciato la Siria, hanno raggiunto l’aeroporto di Beirut e sono partiti verso l’Europa a bordo di un aereo tedesco.

Tuttavia, che la Casa Bianca stesse preparando una mossa in Congresso è apparso chiaro sin da questa mattina, quando sono state annunciate una serie di ‘conference call’ più o meno “classified”, segrete, tra senatori e alti esponenti dell’amministrazione, tra cui il vice presidente Biden, il segretario di Stato John Kerry, il segretario alla Difesa Chuck Hagel, il consigliere per la sicurezza nazionale Susan Rice e il direttore dell’intelligence nazionale James Clapper.

Il Congresso “ha chiesto che fosse ascoltata la sua voce. Sono totalmente d’accordo”, ha detto Obama. “Credo – ha aggiunto – che i rappresentanti del popolo debbano essere interessati a ciò che l’America fa all’estero e ora è il momento di dimostrare al mondo che l’America mantiene i suoi impegni”.

“Tutti sappiamo – ha concluso – che non ci sono opzioni facili. Ma io non sono stato eletto per prendere decisioni facili. E neanche i membri della Camera e del Senato”, e pertanto “oggi chiedo al Congresso di inviare al mondo il messaggio che siamo pronti ad agire insieme come una Nazione”.

David Cameron, il premier britannico che si è visto bocciare in Parlamento un’azione militare al fianco degli Stati Uniti, ha subito plaudito alla scelta di Obama: “Lo comprendo e lo sostengo”, ha commentato. Mentre il presidente francese François Hollande ha ribadito la sua “determinazione a punire” quel regime siriano che oggi ha annunciato di aspettare “con il dito sul grilletto” l’attacco Usa. “Siamo determinati a punire” Assad, ha assicurato in serata anche il segretario di Stato americano John Kerry parlando con il capo dell’opposizione siriana.

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