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Siria: proteste in tutte città, ancora decine di morti

(Keystone-ATS) Nell’undicesimo anniversario della morte a Damasco del “rais immortale” Hafez al Assad, padre dell’attuale presidente Bashar, l’esercito siriano ha ufficialmente avviato oggi le operazioni militari contro “le organizzazioni armate” in una cittadina al confine con la Turchia, mentre decine di migliaia di siriani sono tornati in piazza in quasi tutte le località del Paese, comprese Damasco e Aleppo, nel 13/o venerdì consecutivo di mobilitazione.

Attivisti e testimoni oculari riferiscono dell’uccisione di almeno 23 civili in quattro diverse regioni e anche alla periferia di Damasco. La tv di Stato siriana si limita invece a riferire di due morti, un poliziotto e un civile, uccisi da uomini armati a Bosra al Harir. Le più volte annunciate operazioni militari in grande stile contro Jisr ash Shughur, cittadina di circa 40.000 abitanti per lo più sunniti al confine con la Turchia, sono state rimandate – secondo la tv di Stato – a causa dell’insistenza dei residenti “nell’offrire il pranzo ai soldati”.

Attivisti e testimoni oculari citati dalle tv panarabe al Arabiya e al Jazira hanno però riferito di intensi bombardamenti con artiglieria e carri armati contro Jisr, in precedenza circondata dai blindati e resa da giorni “una città fantasma” dopo la fuga di migliaia di residenti in Turchia. Una sessantina sono ricoverati negli ospedali turchi con ferite di colpi di arma da fuoco.

Quei pochi che hanno voluto raccontare ai media internazionali – banditi in Siria dall’inizio delle proteste – la loro verità sui fatti smentiscono la versione ufficiale della presenza di “bande armate” e riferiscono della defezione di “centinaia” tra militari e poliziotti “contrari alle pratiche criminali del regime”. Altri testimoni hanno raccontato di aver visto elicotteri da combattimento sparare sulla folla, militari dare fuoco ai campi di grano (alla vigilia della stagione del raccolto), non meglio precisati cecchini sparare contro le ambulanze.

Anche in base a questi resoconti, il primo ministro della vicina Turchia Recep Tayyp Erdogan ha condannato per la prima volta con durezza il regime siriano, accusandolo di “atrocità inumane”. Nel resto del Paese, nell’88/o giorno dall’inizio delle proteste, a decine di migliaia sono scesi in piazza: dall’estremo nord-est curdo alla città meridionale di Daraa, ribattezzata “l’indomita” sui social network per la sua prolungata “resistenza” all’assedio militare e all’interruzione dei servizi essenziali: acqua ed elettricità.

Cortei di migliaia di persone si sono registrati nei sobborghi di Damasco, più volte teatri di proteste, ma anche in alcuni quartieri centrali della capitale, e persino ad Aleppo. A Homs, terza città del Paese, sono scesi in strada oggi per la prima volta i cristiani di Bustan Diwan, quartiere abitato in larga parte dalla locale minoranza confessionale. All’appello a manifestare nel “venerdì delle tribù. – presenti in Siria nelle regioni orientali dell’Eufrate – decine di migliaia avrebbero risposto a Dayr az Zor, capoluogo della regione al confine iracheno, ma anche a Raqqa nel centro nord.

A Hama, città tra Damasco e Aleppo, teatro una settimana fa dell’uccisione di oltre 70 civili e nel 1982 di uno dei più cruenti massacri commessi dal regime durante l’insurrezione armata dei Fratelli musulmani, i residenti raccontano che i servizi di sicurezza avevano rimosso stamani una statua del defunto ex presidente Hafez al Assad per evitare che questa fosse abbattuta dai dimostranti, come avvenuto in molte altre località della Siria.

Intanto, immagini di brutali pestaggi in Siria di persone inermi e con le mani legate da parte di militari sono state trasmesse oggi da Al Jazira, che non precisa però dove sono stati girati i video nè quando. In uno si vede un uomo, che si intuisce anziano dai capelli bianchi, mentre viene ripetutamente picchiato da militari in un campo mentre li implora di risparmiarlo. In altre immagini si vedono un ufficiale e alcuni soldati che si accaniscono contro almeno tre uomini sdraiati a terra e con le mani legate dietro la schiena.

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