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Siria: Usa-Turchia, piani per “scenario peggiore”

(Keystone-ATS) Niente via libera esplicito dagli Stati Uniti, per ora, a possibili operazioni militari turche in Siria, ma Washington e Ankara lavorano a “nuove ipotesi” operative dopo che la più volte annunciata “imminente caduta” del regime ancora non si è verificata, mentre continua a crescere l’allarme umanitario con 150mila siriani finora fuggiti nei paesi vicini.

Dai colloqui di Istanbul fra il segretario di stato Usa Hillary Clinton e il premier turco Recep Tayyip Erdogan sono venute indicazioni di un cambiamento di marcia da parte di Washington. Clinton – oltre a nuovi aiuti umanitari per 5,5 milioni di dollari ai profughi – ha annunciato una più stretta “pianificazione operativa” con Ankara sul fronte siriano.

Non è stata esplicita, ma ha indicato che con il coinvolgimento di intelligence e militari dovrà “accelerare” la caduta del regime e preparare il dopo-Assad. La Turchia, che appoggia i ribelli sunniti, secondo la stampa di Ankara, ha pronti piani di intervento militare in territorio siriano: lungo il confine, per creare una zona cuscinetto di 20 km, e nelle province del nord curdo, per impedire che diventino una base arretrata dei separatisti del Pkk, impegnati da fine luglio in una forte offensiva nel Kurdistan turco.

Secondo alcuni analisti la Turchia preme per l’imposizione sotto leadership americana di una ‘no fly zonè, come in Libia, su parte del territorio siriano. Una ipotesi non scartata dalla Clinton che ha dichiarato che con la Turchia gli Usa prepareranno piani per l’ipotesi dello “scenario peggiore, nell’orribile eventualità che vengano usate armi chimiche”, come ha minacciato di fare Damasco in caso di invasione straniera.

I piani dovranno indicare “che cosa comporterebbe l’utilizzo di armi chimiche in termini di risposta, di assistenza umanitaria e medica, e che cosa bisogna fare per evitare che siano usate o cadano nelle mani sbagliate”.

“Non sappiamo quando Assad cadrà, ma cadrà. ha detto Clinton. Il segretario di Stato ha sottolineato che è prioritario cercare di rompere, con nuove sanzioni, l’asse fra Damasco, Teheran e Hezbollah libanese, che “prolunga la vita del regime”. Preoccupa anche l’afflusso di combattenti jihadisti stranieri sul fronte siriano e la crescita di influenza nel nord del Pkk, che Ankara ora accusa Damasco di appoggiare e armare.

Una apparente risposta siriana all’appoggio della Turchia sunnita ai ribelli anti-Assad. La Siria non deve diventare “un santuario per i terroristi del Pkk”, ha detto Clinton. La presenza di jihadisti stranieri legati ad Al Qaida fra i ribelli può stravolgere gli scenari del possibile dopo Assad.

Usa e Turchia hanno una “strategia comune” per evitare che “gruppi estremisti prendano posizione in Siria” ha detto il ministro turco Ahmet Davutoglu. Ma la maggior parte dei jihadisti entra in Siria proprio attraverso la Turchia.

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