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SO: triplo omicidio Grenchen, tre ergastoli

(Keystone-ATS) Il Tribunale distrettuale di Soletta ha condannato oggi alla prigione a vita per assassinio plurimo, rapina e altri reati i due uomini e la donna, tutti svizzeri, accusati per aver sterminato una famiglia di tre persone il 5 giugno 2009 Grenchen. Gli avvocati difensori hanno subito annunciato ricorsi in appello. I due uomini sono rei confessi, mentre la donna ha sempre negato di essere stata la mente o addirittura la mandante del delitto.

Dopo la lettura della sentenza anche lei è stata incarcerata a causa del pericolo di fuga, dopo essere rimasta a piede libero durante il processo: la 51enne era uscita di prigione, dopo due anni e mezzo di preventiva, nel dicembre 2011, rimanendo sotto sorveglianza. I complici – un 35enne ex campione svizzero di lancio del martello e un 27enne dalle occupazioni precarie – sono invece in cella da tempo. In Svizzera, l’ergastolo significa in pratica rimanere dietro le sbarre per almeno 15 anni (detenzione preventiva compresa) prima di ottenere eventualmente una liberazione condizionale.

Per la corte tutti e tre hanno agito per lo stesso motivo egoistico: i soldi. La sera del 5 giugno 2009 i due imputati erano penetrati nell’appartamento di una famiglia a Grenchen, avevano ucciso con un colpo di pistola alla testa il padre 60enne e avevano soffocato con sacchi di plastica sua moglie di 55 anni e la figlia di 35, per poi far man bassa di ogni cosa di valore. Avevano però trovato soltanto 5’000 franchi, 600 euro, quattro orologi e gioielli da pochi soldi.

La corte ha seguito il pubblico ministero, che lo scorso 2 maggio (il processo era cominciato il 30 aprile) aveva chiesto l’ergastolo per entrambi e per la coimputata, alla quale i due dovevano insieme circa 20’000 franchi. Secondo il presidente della corte François Scheidegger la donna non si è limitata a fornire semplici consigli, ma ha chiaramente appoggiato l’azione degli esecutori materiali, per pura brama di denaro.

La difesa del 27enne aveva chiesto una pena ridotta a 12-16 anni per il suo assistito, mentre il difensore del 35enne non aveva formulato richieste precise, auspicando tuttavia una pena non superiore a quella inflitta al più giovane complice.

L’avvocato della donna, infine, aveva chiesto una pena con la condizionale, totale o parziale, sostenendo che doveva essere condannata solo per favoreggiamento, complicità in rapina e violazione della legge sulle armi, ma non per assassinio.

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