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Società offshore, Svizzera “ipocrita” secondo Paolo Bernasconi

Paolo Bernasconi KEYSTONE/GIAN EHRENZELLER sda-ats

(Keystone-ATS) Le reazioni di stupore da parte delle autorità elvetiche alle rivelazioni contenute nei Panama Papers sono pura ipocrisia. A dirlo senza peli sulla lingua è l’avvocato Paolo Bernasconi in un’intervista rilasciata al “Tages-Anzeiger”.

Nell’intervista parla senza mezzi termini di “evasione fiscale collettiva organizzata”.

In particolare, Bernasconi accolla l’etichetta di “ipocrita” all’Autorità di sorveglianza dei mercati finanziari (FINMA), già Commissione federale delle banche.

Quest’ultima, già nel 2005 sapeva dell’istituzione in paradisi fiscali di migliaia di società schermo, o bucalettere, da parte di avvocati e fiduciari allo scopo di aggirare la ritenuta alla fonte per clienti Ue delle banche svizzere entrata in vigore quell’anno.

Stando a Bernasconi, “padre” della legge antiriciclaggio, il lavoro di lobby da parte delle banche a Berna aveva fatto sì che la ritenuta fosse applicata solo alle persone fisiche, escludendo quelle giuridiche. Gli istituti finanziari consigliarono allora i rispettivi clienti di fondare società schermo in cui depositare i propri averi, in modo da aggirare l’accordo tra Berna e Bruxelles.

Poiché le banche – UBS, Credit Suisse, HSBC o Julius Bär soprattutto – erano consapevoli dei rischi insiti in simili operazioni, indirizzarono i propri clienti da avvocati e fiduciari, ha affermato Bernasconi al quotidiano zurighese.

L’allora Commissione federale delle banche era, secondo Paolo Bernasconi, consapevole di quanto stava accadendo. La sorpresa manifestata oggi dalla FINMA alla notizia che dal 1978 sono state fondate, partendo dalla Svizzera, 34 mila società schermo serve solo ad ingannare l’opinione pubblica.

Una lunga storia

Ma gli antefatti di quanto trapelato dai Panama Papers risalgono a ben prima del 2005. Già nel 1986, in una pubblicazione ufficiale dell’Associazione svizzera banchieri (“Bankenrevision II”) si descriveva come costituire simili società. Nessuno può quindi affermare secondo il Ticinese di non sapere di che cosa si trattasse.

Quel volume include anche un articolo dello stesso Bernasconi in cui si illustrava, mediante esempi, il potenziale uso criminale di simili “costruzioni” il cui obiettivo è nascondere l’identità dell’avente diritto.

In un contributo scritto del 1996, apparso nella rivista “Schweizerischen Zeitschrift für Strafrecht”, Bernasconi aveva messo in guardia autorità, fiduciari, imprenditori e revisori dei rischi inerenti queste società.

Autorità stanno a guardare

In merito alla ritenuta alla fonte, per Bernasconi anche l’Amministrazione federale delle contribuzioni (ESTV) avrebbe dovuto intervenire. Per il legale luganese, la commissione della gestione del Parlamento dovrebbe chiarire come mai l’ESTV e la Commissione federale delle banche non abbiano fatto nulla per anni.

Insomma, le autorità e gli stessi revisori delle banche hanno preferito guardare altrove mentre le società bucalettere spuntavano come funghi. Si è trattato, indica Bernasconi al quotidiano, di “un’evasione collettiva organizzata”.

Conseguenza di tale passività, a suo parere, è stata l’inclusione della Svizzera nelle liste nere dei paesi poco o punto cooperativi in materia fiscale stilate dai paesi Ue e, in seguito, l’abbandono nel 2009 del segreto bancario.

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