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Somalia: shabaab attaccano hotel a Mogadiscio, 15 morti

(Keystone-ATS) Gli shabaab all’attacco a Mogadiscio: 15 morti e una decina di feriti sono il bilancio di un’attentato contro un hotel della capitale somala pianificato nei dettagli dai miliziani islamici per colpire obiettivi accuratamente scelti.

E dimostrare, di nuovo, che la capitale somala, nonostante la missione Onu e il sostegno occidentale al presidente Hassan Sheikh Mohamud, è ancora un campo di battaglia anche se non più terra di nessuno.

Sono arrivati all’alba e hanno attaccato l’hotel Sahafi – frequentato da esponenti del governo e da manager – urlando “Allah è grande” – con una sequenza che a molti non ha lasciato scampo. Prima un kamikaze si è fatto esplodere all’entrata e poi un gruppo di uomini – sembra cinque – armati di kalashnikov e granate hanno sparato all’interno dell’edificio andando a cercare gli ospiti fin nelle stanze e salendo sul tetto per neutralizzare dall’alto i militari che stavano arrivando. Lo ha raccontato Mohamed Hussein, capitano della polizia di Mogadiscio.

In quel momento c’è stata una seconda esplosione, fuori dell’hotel, provocata da un’autobomba. Per qualche ora gli shabaab hanno tenuto in ostaggio alcuni clienti. Poi, dopo sanguinosi combattimenti durati ore, le truppe somale e i caschi blu della missione Onu (Amisom) hanno ripreso il controllo dell’albergo e ucciso gli attentatori.

Sul terreno, oltre agli shabaab, 15 morti tra i quali il proprietario del Sahafi e un ex generale. Non uno qualsiasi, bensì Abdikarim Dhagabadan, il generale che nel 2011 aveva guidato l’offensiva per cacciare proprio gli shabaab da Mogadiscio. Tra le vittime anche un fotografo. Sono stati gli stessi integralisti islamici a rivendicare l’attacco con un comunicato di Abdiaziz Abu-Musab, loro portavoce, diffuso dalla radio del gruppo, Andulus.

Non è la prima volta che l’hotel finisce nel mirino degli shabaab. Nel 2009 due consiglieri francesi per la sicurezza furono rapiti nello stesso hotel.

Ripetutamente gli shabaab hanno attaccato civili e militari del confinante Kenya, ‘rei’ di sostenere il governo di Mogadiscio. Il più grave è stato l’attacco all’Università di Garissa, nell’aprile scorso, che ha provocato la morte di quasi 150 persone.

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