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Stampa in 3D per ricostruire tessuti cartilaginei, all’ETH

(Keystone-ATS) Ricostruire i tessuti cartilaginei del naso, delle orecchie o delle articolazioni con una stampante in 3D che utilizza cellule prelevate dal paziente: è il cosiddetto “bioprinting”, un procedimento a cui lavora un gruppo di ricercatori del Politecnico di Zurigo. Anche se si tratta ancora di un metodo sperimentale, l’ETH parla in una nota di un grande passo verso una medicina ricostruttiva “personalizzata”.

Il gruppo di ricerca guidato da Marcy Zenobi-Wong, del Dipartimento per le scienze della salute e la tecnologia, intende lanciare quest’anno i primi test su pecore e capre. In seguito è prevista la sperimentazione clinica vera e propria.

La stampante tridimensionale utilizza come materiale di partenza un polimero che viene mescolato alle cellule prelevate dal paziente. In soli 16 minuti è ad esempio possibile ricostruire la cartilagine di un naso danneggiato in un incidente automobilistico.

Per fare ciò bisogna prelevare attraverso una biopsia delle cellule di cartilagine che vengono in seguito riprodotte in laboratorio. Il polimero che viene mescolato alle cellule umane ha il compito di mantenere la forma del tessuto e si decompone nel giro di pochi mesi.

Una volta trapiantati, questi tessuti crescono assieme al corpo del paziente. Il rischio di provocare reazioni di rigetto è inoltre estremamente basso, se confrontato ad esempio con in prodotti a base di silicone.

Una delle principali applicazioni di questa tecnica riguarda la ricostruzione delle cartilagini delle ginocchia o delle caviglie, si legge nella nota. Una tecnica già oggi utilizzata in questi casi consiste nel prelevare delle cellule che vengono in seguito moltiplicate su dei fasci di idrogel. Questo procedimento non è però considerato ideale, perché non tiene conto della struttura tridimensionale i tessuti trapiantati invece di crescere formano una sorta di cicatrice.

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