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Svizzera rafforza strumenti per la lotta al terrorismo

Il direttore del Servizio delle attività informative della Confederazione Markus Seiler (foto d'archivio). KEYSTONE/PETER SCHNEIDER sda-ats

(Keystone-ATS) La Svizzera rafforza gli strumenti di lotta al terrorismo. Secondo il gruppo di lavoro ad hoc della Confederazione bisogna fare di più contro la radicalizzazione. Entro fine anno Stato, Cantoni e Comuni prepareranno un apposito piano di prevenzione.

La minaccia di un attentato rimane elevata, ha detto oggi il direttore del Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC, l’intelligence elvetica) Markus Seiler in occasione della conferenza odierna relativa al terzo rapporto sulla lotta al terrorismo di matrice jihadista in Svizzera, pubblicato oggi.

Il terrorismo può colpire chiunque, ovunque e in qualsiasi momento, ha affermato dal canto suo la direttrice dell’Ufficio federale di polizia (fedpol) Nicoletta della Valle. “La tentazione di ricorrere a mere misure di sicurezza è quindi forte”, ha aggiunto precisando che gli strumenti a disposizione sono sufficienti “si tratta però di utilizzarli bene”.

Nel momento in cui una persona è radicalizzata a tal punto da attirare l’attenzione del SIC e poi quella della polizia “è troppo tardi”, ha sottolineato. Lo strumento più efficace per la lotta al terrorismo è impedire fin da subito la radicalizzazione.

La task force TETRA (TErrorist TRAcking, inseguimento del terrorismo) ritiene che il rischio maggiore per la Svizzera sia rappresentato da attentati a basso costo logistico, svolti da individui isolati o piccoli gruppi. Gli autori di tali atti sono principalmente persone radicalizzate nella Confederazione o di ritorno dalle regioni jihadiste.

Mediante il previsto Piano d’azione per prevenire l’estremismo violento (PVE, Preventing Violent Extremism) si intende “proporre un pacchetto di misure concrete e praticabili per impedire e contrastare ogni forma di radicalizzazione”, precisa un comunicato relativo al rapporto. Inoltre è prevista la realizzazione di provvedimenti di de-radicalizzazione e risocializzazione prima, durante e dopo l’esecuzione di pene per chi ritorna dalla jihad o per jihadisti radicalizzati e condannati.

Il piano dovrebbe essere attuato dal terzo trimestre 2017. A questo proposito la Confederazione sta valutando la possibilità di sostenere finanziariamente le istituzioni.

Il Consiglio federale riscontra lacune nelle misure preventive attualmente a disposizione della polizia, precisa il rapporto. La fedpol sta elaborando soluzioni al di fuori di un procedimento penale, tra queste: l’obbligo di presentarsi a un posto di polizia, il ritiro dei documenti d’identità nonché la possibilità di segnalare persone sospette nel sistema d’informazione Schengen (SIS) ai fini di una sorveglianza discreta.

Un’ulteriore lacuna riguarda il finanziamento del terrorismo. La Svizzera può comunicare informazioni riguardanti conti bancari alle autorità straniere solo nel momento in cui l’istituto elvetico coinvolto annuncia un sospetto riciclaggio di denaro.

È infine necessario prolungare la Legge federale che vieta i gruppi “Al-Qaïda” e “Stato islamico” nonché le organizzazioni associate: essa scadrà infatti il 31 dicembre 2018.

Minaccia esistente

Dal rapporto TETRA emerge che nel 2016 il SIC ha identificato, durante l’osservazione dei media sociali, 497 internauti che hanno diffuso dalla Svizzera materiale di propaganda jihadista (2014: 300).

È inoltre aumentato (5202 nel 2016 contro 2488 nel 2014) il numero dei controlli del SIC sulle domande d’asilo per sventare una minaccia per la sicurezza interna. Lo scorso anno, il servizio informativo ha consigliato di respingere 14 richieste.

Nello stesso periodo, la fedpol ha emesso 122 divieti di entrata in Svizzera. Per 107 persone c’era il sospetto che fossero terroristi o che sostenessero gruppi vietati.

Attualmente il Ministero pubblico della Confederazione sta svolgendo 60 procedimenti penali nei confronti di individui che si sono uniti a organizzazioni come lo Stato islamico (Isis) o che hanno intrapreso passi in questo senso.

Finora il SIC ha contato 83 persone partite dalla Svizzera per la jihad, di cui 30 con passaporto rossocrociato. Sessanta di questi casi sono stati confermati.

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