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Tassare le eredità, minaccia per piccole e medie imprese

(Keystone-ATS) Una tassa a livello federale sugli eredi diretti rappresenta sia una minaccia per le piccole e medie imprese sia un’ingerenza nelle competenze dei cantoni, la maggioranza dei quali ha abolito un simile prelievo.

È quanto dichiarato oggi a Berna da un comitato interpartitico di centro-destra (PPD, PBD, PLR, UDC, Verdi liberali e Lega dei ticinesi) che invita popolo e cantoni a respingere il prossimo 14 di giugno l’iniziativa popolare del Partito evangelico svizzero sostenuta dalla sinistra e dai sindacati.

L’iniziativa “Tassare le eredità milionarie per finanziare la nostra AVS (Riforma dell’imposta sulle successioni)”, mira ad introdurre a livello federale un tasso di imposizione del 20% per la parte delle eredità che supera i due milioni di franchi, nonché per le donazioni superiori ai 20’000 franchi. Tutto ciò con validità retroattiva dal primo gennaio 2012.

Per il presidente del PPD, nonché consigliere nazionale, Christophe Darbellay (VS), questa iniziativa rappresenta l’ennesimo attacco della sinistra al modello elvetico di successo, caratterizzato da una fiscalità moderata ed equa e da un tessuto economico composto di migliaia di piccole e medie imprese che creano ricchezza e generano migliaia di impieghi.

Per Darbellay, l’introduzione di una tassa sulle successioni a livello federale – balzello peraltro già abolito nella maggior parte dei cantoni – avrebbe effetti antisociali importanti. Non solo i patrimoni verrebbero tassati tre volte, giacché a questo nuovo prelievo si sommerebbero le imposte sul reddito e sulla sostanza, ma molti eredi sarebbero costretti, secondo il democristiano, “a mettere in vendita la propria casa sul portale ricardo.ch per mettersi in regola col fisco, e ciò per il semplice fatto di essere venuti in possesso di un bene appartenente da decenni alla famiglia situato in una zona privilegiata”.

Darbellay ha ricordato che il sistema fiscale vigente è equo, contrariamente a quanto asserisce la sinistra: il 10% dei contribuenti copre dal 70 al 90% delle entrate fiscali globali. Paesi confinanti come l’Austria o l’Italia non tassano il patrimonio come accade da noi, ha fatto notare.

“Non è quindi vero che i ricchi vengono favoriti, come sostiene la sinistra”, ha sottolineato il Vallesano. Questi ha poi ricordato il pericolo che molte persone benestanti possano decidere di lasciare il Paese in caso di approvazione alle urne, con ulteriore perdita del substrato fiscale per Confederazione, cantoni e comuni.

Il consigliere nazionale bernese Thomas Maier (Verdi liberali) ha sottolineato che la forte progressività del prelievo è lo specchio di un sistema fiscale solidale. “Non mettiamo alla prova questa solidarietà”, ha messo in guardia Maier, secondo cui una tassa come quella proposta dall’iniziativa è semplicemente irresponsabile, specie in un frangente come questo caratterizzato dal franco forte.

A nome dell’UDC, la consigliera nazionale e imprenditrice Sylvia Flückiger-Bäni (AG) ha parlato delle difficoltà cui andrebbero incontro i piccoli imprenditori desiderosi di trasmettere l’attività ai figli. Non si tratta di un problema di poco conto, ha precisato, poiché “circa l’80% delle imprese in Svizzera sono a conduzione famigliare e il 40% di esse passa di mano all’interno del nucleo famigliare”.

Per quanto possa sembrare elevata, la somma di due milioni di franchi può essere raggiunta facilmente quando si considerano gli stabili e i macchinari. “Per pagare la nuova imposta – ha dichiarato -, gli eredi sarebbero obbligati ad indebitarsi con le banche oppure a vendere parti della società, rinunciando ad investimenti essenziali per aumentare la competitiva dell’azienda”. L’iniziativa mette dunque a rischio impieghi, e con essi molti posti di apprendistato: il 70% dei tirocinanti viene formato nelle PMI, ha spiegato.

A nome del PLR, il consigliere nazionale Jacques Bourgeois (FR), tra l’altro direttore dell’Unione svizzera dei contadini, ha criticato anche le esenzioni previste dall’iniziativa per le imprese agricole. Il testo non offre infatti alcuna somma: spetterà al parlamento decidere.

Per l’esponente del Partito borghese democratico Martin Landolt (GL), l’iniziativa rappresenta un attacco alle competenze dei cantoni in materia fiscale, una messa sotto tutela insomma. I cantoni non sono disposti a svendere il federalismo in cambio di entrate per nulla sicure, ha denunciato. A seconda infatti del livello delle esenzioni stabilito dal parlamento, i cantoni potrebbero ricevere molto meno del miliardo di franchi stimato.

Come altri oratori prima di lei, la consigliera nazionale della Lega Roberta Pantani ha criticato l’aspetto retroattivo dell’iniziativa, un unicum nel diritto elvetico che rischia di creare incertezza giuridica. Tale insicurezza suscita preoccupazioni negli ambienti giuridici ed economici, ha dichiarato.

Un primo effetto di questa destabilizzazione non si è fatto attendere, ha aggiunto l’esponente leghista sotto il “Cupolone”: negli ultimi anni si è assistito ad una vera corsa dai notai per regolare questioni ereditarie e successorie.

Parole dure al riguardo sono state pronunciate da Christophe Darbellay, secondo cui l’effetto retroattivo è “degno di una ‘repubblica delle banane'” e l’intera iniziativa un insulto alle famiglie.

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