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Thailandia: imposta la legge marziale, aria di golpe a Bangkok

(Keystone-ATS) I militari continuano a ripeterlo: non è un colpo di Stato. Ma la proclamazione a sorpresa della legge marziale in tutta la Thailandia rende evidente chi sia ora ai comandi dopo una crisi politica costata 28 morti e oltre 800 feriti da novembre. Con un esecutivo ad interim nato zoppo e ora invisibile, un Paese sempre più spaccato si trova adesso sotto il controllo dell’esercito, con i soldati nelle strade di Bangkok e decine di tv e radio censurate.

L’imposizione della legge marziale, ha spiegato il generale Prayuth Chan-ocha nel suo discorso notturno, si è resa necessaria per “sopprimere elementi dotati di armi da guerra” e “ripristinare l’ordine”. L’alto ufficiale non ha puntato il dito contro nessuno dei due movimenti attualmente accampati in diverse aree di Bangkok: gli anti-governativi di simpatie monarchiche, e le ‘camicie rosse’ fedeli all’ex premier Thaksin Shinawatra nonché alla sorella Yingluck, appena destituita dalla guida del governo dalla Corte costituzionale.

La legge marziale, ha specificato Prayuth, rimarrà in vigore “finché non sarà tornata la calma”. Gli ultra-monarchici, che vedono nel magnate Thaksin un populista corrotto, sentono di avere l’esercito dalla loro parte. I ‘rossi’ credono invece che l’intero establishment sia loro ostile e temono un golpe sotto mentite spoglie, sulla scia del colpo di stato contro Thaksin (ora in esilio volontario) nel 2006 e di tre premier a lui fedeli rimossi per via giudiziaria dal 2008.

Il primo ministro ad interim Niwatthamrong Boonsongpaisan ha proposto oggi di andare a nuove elezioni il 3 agosto, dopo che quelle del 2 febbraio – boicottate dall’opposizione – sono state annullate dalla magistratura perché incomplete. Ma ormai è il voto stesso a essere in dubbio.

Il blocco pro-Thaksin, forte del consenso nel popoloso nord rurale, spinge per andare al voto perché sa che vincerebbe come ha sempre fatto dal 2001; l’altro campo – espressione della classe medio-alta di Bangkok e del sud monarchico – chiede invece la nomina di un premier “neutrale” e non meglio specificate “riforme”, ma non disdegnerebbe neanche un governo militare pur di eliminare qualsiasi influenza di Thaksin.

Con tali spaccature, si parla ormai apertamente del rischio di guerra civile. Sullo sfondo, senza essere dibattuta in un Paese dalla legge di lesa maestà più severa al mondo, c’è la lotta di posizionamento per trovare nuovi equilibri in vista dell’inevitabile successione a re Bhumibol, che ha 86 anni ed è vittima di un progressivo indebolimento. La sua aura semi-divina e la genuina venerazione di milioni di thailandesi hanno funto per oltre mezzo secolo da ombrello protettivo per un’élite tradizionale che controlla enormi ricchezze e vede nelle ambizioni di Thaksin – in particolare nel suo avvicinamento all’erede al trono, principe Vajiralongkorn – una minaccia esistenziale.

Legge marziale o no, trovare un compromesso tra i due campi sembra sempre più difficile.

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