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TPF: caso Steinmetz, consegnare documenti a Israele

Dopo gli Stati Uniti e la Guinea, anche Israele potrà beneficiare dell'assistenza giudiziaria svizzera in merito alle procedure aperte contro il miliardario israeliano Beny Steinmetz. KEYSTONE/TI-PRESS/CARLO REGUZZI sda-ats

(Keystone-ATS) Dopo gli Stati Uniti e la Guinea, anche Israele potrà beneficiare dell’assistenza giudiziaria svizzera in merito alle procedure aperte contro il miliardario israeliano Beny Steinmetz.

Il Tribunale penale federale (TPF) ha respinto un ricorso presentato da una società a lui vicina.

L’inchiesta concerne un caso di corruzione legato alla cessione di una miniera di ferro in Guinea nel 2008. Le “bustarelle”, che sarebbero circolate anche attraverso gli USA, risulterebbero legate all’attribuzione di concessioni per lo smaltimento di minerali di ferro nel sudovest del Paese.

Nel 2015, Israele aveva presentato una richiesta di assistenza giudiziaria alla Svizzera chiedendo di poter accedere a documenti sequestrati a Ginevra. Una società legata a Steinmetz si era opposta ricordando che più Paesi – Svizzera compresa – hanno aperto un procedimento e che per questo l’israeliano rischia di essere accusato più volte di uno stesso reato. Il TPF non vede invece ostacoli alla coesistenza di più procedure visto che non si sovrappongono completamente.

Il caso era stato rivelato da due media francesi, il sito d’informazione Mediapart e il quotidiano Le Monde, e dall’ong Public Eye (ex Dichiarazione di Berna). Secondo quest’ultima organizzazione, il miliardario ha “tessuto una tela estremamente complessa che dirige da Ginevra”.

Nel 2008, l’uomo d’affari aveva ottenuto una licenza di sfruttamento di una miniera di ferro a Simandou, nel sudest della Guinea. Due anni dopo, ha rivenduto il 51% delle azioni di tale miniera al gruppo brasiliano Vale per 2,5 miliardi di dollari; quasi 30 volte l’importo da lui sborsato.

La Svizzera ha ricevuto già più richieste di assistenza giudiziaria in merito a questa vicenda. Nel 2015 il TPF aveva autorizzato la consegna della documentazione sequestrata a Ginevra alla Guinea e agli Stati Uniti.

Il miliardario ha sempre negato le accuse di corruzione e rimprovera le autorità della Guinea di svolgere una “campagna di disinformazione” contro di lui.

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