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Tunisia, Algeria, Egitto firmano dichiarazione su Libia

I ministri degli esteri dell'Algeria, della Tunisia e dell'Egitto, Abdelkader Messahel (sinistra), Khemaies Jhinaoui (centro) e Sameh Shoukry (destra). KEYSTONE/EPA/STR sda-ats

(Keystone-ATS) Si è conclusa con la firma di una dichiarazione finale la riunione a Tunisi dei ministri degli esteri di Tunisia, Algeria ed Egitto per fare il punto sui risultati raggiunti e i contatti stabiliti dai tre Paesi con le parti libiche.

La dichiarazione di Tunisi concretizza l’iniziativa diplomatica intrapresa dal presidente, Beji Caid Essebsi, per trovare un’intesa regionale sulla crisi libica.

Si articola attorno ad alcuni punti fondamentali che il ministro tunisino Jhinaoui in conferenza stampa ha sintetizzato in un’azione in grado di “garantire la sovranità della Libia”, rifiutando “qualsiasi intervento militare o straniero e sostenendo il dialogo e l’unità delle istituzioni civili libiche, compresa la salvaguardia dell’unità dell’esercito libico, secondo gli accordi politici, unico incaricato per la sicurezza dello Stato e la lotta al terrorismo e immigrazione”. “I nostri tre ministeri continueranno a coordinare i loro sforzi con le parti libiche per superare gli ostacoli che si frappongono al dialogo”, ha precisato Jhinaoui, ribadendo che “la crisi colpisce tutta la regione”.

Il documento congiunto firmato oggi verrà sottoposto all’attenzione delle presidenze tunisina, algerina ed egiziana, prima di essere presentato al prossimo vertice tripartito che si terrà ad Algeri, in data ancora da definire. Fornirà la base per intensificare il dialogo dopo le consultazioni tra parti libiche e Nazioni Unite e verrà inoltre notificato ad Onu, Lega araba e Unione africana (Ua). L’odierna dichiarazione finale si basa su alcuni punti fondamentali, nell’ottica di un sostegno dell’Organizzazione delle nazioni unite: guidare i libici di tutte le parti politiche al dialogo, rigettare ogni soluzione militare che possa aggravare ulteriormente la crisi, invitare i protagonisti libici a un riavvicinamento delle proprie posizioni e implementare l’accordo di Skhirat del dicembre 2015 sotto egida Onu.

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