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Turchia, “Gulen non c’entra, vogliono eliminarci tutti”

(Keystone-ATS) “Gulen non c’entra. Basta guardare i nomi di molti degli ufficiali arrestati, che lo hanno combattuto per tutta la loro carriera”. Lo dice all’Ansa Abdullah Bozkurt, ex caporedattore ad Ankara.

In queste ore, far parlare i simpatizzanti di Fethullah Gulen in Turchia non è facile. In una comunità stimata in questi anni tra 4 e 5 milioni di persone, c’è un sentimento che predomina: la paura. “Ma io sento che proprio adesso non posso tacere”, dice Bozkurt, tra le voci più influenti di Zaman, il quotidiano legato a Gulen che era il più diffuso in Turchia e a marzo è stato sequestrato dalle autorità.

Già privati della loro voce pubblica – che fino alla rottura del 2013 era anche quella del governo di Tayyip Erdogan – adesso i ‘gulenisti’ sono all’angolo. Oggi è stata annunciata anche la revoca delle licenze ai loro media sopravvissuti. Non molti ormai, per la verità. Tanto che la norma potrebbe essere stata pensata per censurarne anche altri.

“Le purghe stanno colpendo militari, professori, giornalisti, giudici. Neanche dopo i golpe riusciti in passato ci sono mai state epurazioni così grandi. Un terzo degli ufficiali sono stati arrestati, tra cui molte figure non legate a Gulen. E poi, finora il governo ha lanciato accuse, ma non abbiamo visto nessuna prova”, dice Bozkurt.

Per lui, “le liste di proscrizione erano già pronte prima del golpe, altrimenti non si spiega come si possano cacciare e arrestare migliaia di persone in poche ore”. Ma l’idea del putsch ‘fatto in casa’, suggerita da qualcuno per spiegarne le falle, non lo convince: “Sono accuse che meritano certamente un’indagine accurata, ma io credo che possa aver agito una fazione dell’esercito che non è riuscita a ottenere la benedizione dei vertici, con un mix di diversi background ma un denominatore comune: l’opposizione alle politiche del governo e alla gestione del potere di Erdogan. Del resto, lo hanno dichiarato anche nel messaggio letto alla tv di stato”.

Mentre si rincorrono senza sosta le notizie di persone arrestate o sospese dai loro incarichi professionali, Bozkurt vede profilarsi una resa dei conti ancora più vasta: “Non è un’operazione limitata ai presunti seguaci di Gulen, ma riguarderà tutti quelli che sono considerati critici o semplicemente non leali. Tra i giudici, per esempio, ce ne sono molti della minoranza islamica alevita. Erdogan sta usando questo golpe fallito come un’opportunità per silenziare tutte le voci indipendenti, ignorando lo stato di diritto”.

Nonostante l’insistenza di Ankara, Bozkurt non crede che gli Stati Uniti concederanno l’estradizione di Gulen, perché, dice, “lì i tribunali non si possono manipolare come in Turchia”. Ma in questi giorni, ammette, tutto potrebbe precipitare: “Certamente ho paura per me e la mia famiglia. Ho ancora il mio passaporto in tasca, ma non sono sicuro che, se domani andassi in aeroporto, mi lascerebbero partire. Potrebbero sequestrarmelo anche senza spiegazioni, come è successo proprio ieri a un mio collega”.

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