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Turchia: leader della protesta anti-Erdogan alla sbarra

(Keystone-ATS) I leader della protesta anti-Erdogan di Gezi Park alla sbarra. Ventisei membri del collettivo “Piattaforma Taksim” sono stati portati oggi in tribunale a Istanbul. Non hanno profili da criminali: sono architetti, medici, ingegneri, a volte anziani, gente comune. L’accusa però è di far parte di una “organizzazione criminale” e di aver partecipato alle manifestazioni di protesta di fine maggio dello scorso anno, quando più di 3,5 milioni di persone si sono mobilitate nelle piazze di Ankara, Istanbul e altre città del Paese contro il governo del premier Recep Tayyip Erdogan, che ha represso la rivolta nel sangue. I 26 imputati rischiano fino a trent’anni di carcere.

“Questo processo resterà una macchia nella storia del Paese, uno scandalo e una vergogna”, hanno denunciato gli imputati in un documento letto prima di entrare nel palazzo di giustizia di fronte ai loro sostenitori di Propaganda Taksim. “È Recep Tayyip Erdogan, che continua a reprimere i manifestanti in piazza, e il suo governo che dovrebbero essere processati per aver messo in pericolo la democrazia e lo Stato di diritto”.

“È un processo farsa vendicativo, fatto per motivi politici e senza alcuna evidenza di reali crimini”, ha commentato Andrew Gardner di Amnesty International. “Il messaggio che il governo vuole mandare è che le autorità perseguiranno chiunque protesta contro l’esecutivo”.

Tra gli imputati c’è anche Mücella Yapici, 63 anni, segretaria della Camera degli architetti di Istanbul. “Non possono parlare di ‘organizzazione criminalè per persone che dicono ‘sono contro un centro commercialè. È ridicolo”. La donna ha respinto le accuse di fronte ai giudici e ha chiesto un’assoluzione generale, tra gli applausi del pubblico.

“Siamo nel diritto tanto da aver creato un movimento di resistenza totalmente pacifico diventato di esempio per tutto il mondo”, ha aggiunto Yapici. “Sono stata colpita da gas e gli amici che mi hanno difeso sono rimasti feriti. Se noi siamo dei criminali, cos’è la polizia che ha ucciso due dei nostri figli?”.

Quello di oggi non è il primo processo sui fatti di Gezi Park. Più di un mese fa in un maxiprocesso contro 255 manifestanti l’accusa ha chiesto condanne fino a 15 anni per i protagonisti della protesta, in base a vari capi d’imputazione, tra i quali anche quello, per alcuni infermieri, di aver curato i manifestanti feriti.

È la forza la risposta di Erdogan, ma questo non ha spaventato i manifestanti, che in occasione dell’anniversario della protesta pochi giorni fa sono tornati a piazza Taksim per esprimere pacificamente il dissenso, alcuni leggendo libri e portando fiori vicino agli agenti antisommossa dispiegati per l’occasione. Il risultato è stato l’ennesima guerriglia, con lacrimogeni, feriti e arresti. “Alle nostre forze di polizia sono state date istruzioni chiare. Faranno tutto ciò che è necessario” per vietare qualsiasi manifestazione, aveva detto Erdogan.

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