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Turchia: miniera, nuovo bilancio 245 morti, speranze esaurite

(Keystone-ATS) Non ci sono quasi più speranze di salvare i 120 minatori ancora intrappolati in fondo alla miniera di carbone di Soma in Turchia in quello che probabilmente è il disastro industriale più grave della storia del paese. Rabbia e disperazione hanno preso il sopravvento oggi sulla speranza fra le centinaia di familiari dei 245 minatori di cui sono stati già rinvenuti i corpi senza vita – molti soffocati dal monossido di carbonio – e di quelli ancora bloccati a oltre 400 metri sotto terra.

Il premier Recep Tayyip Erdogan, arrivato nel pomeriggio a Soma, è stato contestato. Decine di parenti delle vittime lo hanno accolto con fischi e grida di “dimissioni”, la sua auto è stata presa a calci. Erdogan si è dovuto rifugiare in un supermercato, spinto dalle guardie del corpo, in attesa di un ritorno alla calma.

I suoi body guard se la sono presa con il parente di una delle vittime, gettato a terra e picchiato, come mostra una fotografia diffusa sulle reti sociali, che ha provocato un’ondata di sdegno. Tutto il paese è sotto shock. È stato proclamato un lutto nazionale di tre giorni.

Il premier Erdogan, il presidente Abdullah Gül e il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu hanno annullato viaggi all’estero previsti in questi giorni. I sindacati hanno annunciato uno sciopero di protesta domani mattina. Le bandiere sono a mezz’asta. Sugli schermi delle Tv sono apparsi fiocchi neri. Da tutto il mondo sono giunti messaggi di cordoglio. Papa Francesco ha detto di pregare per i minatori turchi.

Ma la collera per quanto successo a Soma, in una miniera privatizzata di cui sindacati e opposizione denunciano le carenze sul fronte della sicurezza, è esplosa in molte città del paese. Ci sono state manifestazioni di protesta e violenti scontri con la polizia attorno a Kizilay ad Ankara e nelle strade attorno a Taksim a Istanbul.

“A Soma non è stato un incidente, ma un massacro della privatizzazione”, ha denunciato il segretario del Partito dei Lavoratori Hasan Basri Ozbey. L’opposizione aveva chiesto una commissione d’inchiesta sui troppi incidenti registrati a Soma. La proposta è stata bocciata il mese scorso dal partito islamico Akp di Erdogan, che ha la maggioranza assoluta in parlamento.

Le autorità avevano condotto quattro ispezioni nella miniera negli ultimi due anni, elogiando i dispositivi di sicurezza. Ma nell’inferno scatenato nella miniera dall’esplosione di un trasformatore ieri i sistemi di sicurezza sembrano non avere funzionato o avere funzionato male. Un black out elettrico ha bloccato gli ascensori. L’incendio non ha potuto essere spento, la ventilazione non ha funzionato. Le gallerie bruciano ancora, producendo monossido di carbonio, il veleno che ha ucciso la maggior parte dei minatori intrappolati.

I sindacati puntano il dito contro le privatizzazioni ‘selvagge’ attuate dal governo islamico, a beneficio, dicono, di imprenditori amici. Il proprietario della miniera di Soma, ricorda oggi Hürriyet, si è vantato nel 2012 di avere ridotto da 130 a 24 dollari il costo di una tonnellata di carbone dopo la privatizzazione. Questo, fra l’altro, fabbricando in casa appunto i trasformatori, tagliando in ogni modo il costo del lavoro. Forse la sicurezza.

Oggi la Turchia di Erdogan è il paese dell’area europea con il tasso più alto di incidenti industriali. Il premier turco ha cercato di calmare gli animi promettendo una inchiesta “fino in fondo” su quanto accaduto a Soma. Ma ha anche buttato benzina sul fuoco affermano che i disastri nelle miniere sono “usuali”, citando stragi in miniere in Europa, Cina e Usa, ma nel XIX e nel XX secolo. Intanto, rileva Hürriyet, nessun ministro per ora si è dimesso dopo una strage che rimarrà nella storia del paese.

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