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UBS, futuro Ceo ha nuovo concetto di banca, potrebbe tagliare costi

Novità in arrivo all'interno di UBS. KEYSTONE/WALTER BIERI sda-ats

(Keystone-ATS) Società tecnologica con una licenza bancaria: così interpreta il concetto di banca Ralph Hamers, il manager olandese che il 1° novembre subentrerà a Sergio Ermotti alla testa di UBS. Fra le sue priorità, una volta in carica, potrebbe esserci la compressione dei costi.

A tracciare il ritratto del nuovo arrivato è oggi la Neue Zürcher Zeitung (NZZ), che per capire il dirigente parte dall’inaugurazione della nuova sede di ING, il gruppo bancario olandese presso cui Hamers ha lavorato 29 anni, dall’ottobre 2013 al giugno di quest’anno, quale presidente della direzione. Il nuovo stabile di Amsterdam è in vetro, molto luminoso e trasparente, ha pannelli solari sul tetto, locali aperti e in cui è possibile guardare all’interno, zone di incontro, calcetto e divanetti di ispirazione Google.

La nuova sede ha una superficie di uffici di 24’000 metri quadrati, la metà dei 52’000 di quella vecchia. Questo è dovuto soprattutto al fatto che quando Hamers è diventato numero uno ING era ancora un gruppo attivo in tutto lo spettro della finanza, essendo nato nel 1991 dalla fusione fra una compagnia assicurativa e un istituto di credito. Il Ceo nel 2014 ha però scorporato la parte assicurativa e di amministrazione patrimoniale – la società NN – quotandola in borsa.

Il ridimensionamento di ING – ricorda la NZZ – era però cominciato già prima, su pressione della Commissione europea. Come altri operatori del ramo il gruppo infatti all’inizio del millennio aveva avviato un’aggressiva strategia di espansione, bruscamente interrotta dalla crisi finanziaria: per salvare la società lo stato olandese era dovuto intervenire con 10 miliardi di euro. Bruxelles aveva dato il benestare all’operazione solo a patto che NN fosse ceduta. Bilancio in termini occupazionali: quando Hamers ha rilevato ING il colosso aveva 75’000 dipendenti, quando l’ha lasciato nella primavera scorsa solo 53’000.

Il fatto che la nuova sede di ING assomigli di più a un’unità produttiva di Google che a un istituto di credito tradizionale non è un caso. “Vogliamo essere un gruppo tecnologico con una licenza bancaria”, aveva detto il dirigente in un’intervista. Il 56enne è convinto che il futuro delle banche sarà fondamentalmente digitale e che il rapporto con il cliente si manterrà principalmente attraverso lo smartphone. Gli utenti passeranno sempre più tempo su piattaforme digitali che copriranno diverse esigenze.

Questo trasforma le aziende tecnologiche in concorrenti. Di conseguenza, ING si concentra sull’avere il maggior numero possibile di “clienti principali”: si tratta di persone che hanno un conto di pagamento con afflussi ricorrenti – ad esempio il versamento del salario – e che utilizzano anche almeno un altro prodotto dell’istituto. La banca intende poi vendere ulteriori prodotti propri o offrire servizi da parte di terzi. Alla fine del 2019 ING aveva 13,3 milioni di clienti di questo tipo e si prevede che nel 2022 ne gestirà 16,5 milioni.

Costoro dovranno poter accedere facilmente ai loro servizi bancari in qualsiasi momento e ovunque, soprattutto tramite smartphone. Secondo Hamers infatti già nel 2019 un terzo dei clienti ha scambiato informazioni con ING esclusivamente tramite il proprio cellulare. Nello stesso anno il gruppo ha addirittura costituto nelle Filippine una banca completamente digitale, accessibile solo via internet.

Per Hamers un’altra chiave di successo è il rimanere aperti: una piattaforma bancaria non deve essere accessibile solo ai clienti, ma anche ad altri fornitori di servizi. Si tratta di un approccio piuttosto radicale per le banche, che tendono a pensare in universi chiusi, commenta la NZZ. “Se vuoi essere il miglior punto di contatto per i servizi finanziari, quanto sei credibile se offri solo i tuoi prodotti?” si è chiesto in passato il top manager. L’azienda collabora quindi con varie entità, fra cui per esempio Apple Pay o Axa.

Il dirigente con studi all’università di Tilburg (Paesi Bassi) promuove anche una nuova cultura aziendale, orientandosi al modello Spotify, in cui team interdisciplinari risolvono in modo autonomo i problemi. L’obiettivo è poter testare rapidamente delle novità, magari anche sbagliando ma per poi avviare nuovi tentativi. Nell’ambiente bancario, caratterizzato da gerarchie piuttosto rigide, questo approccio può apparire una rivoluzione. Hamers sottolinea il cambiamento culturale anche con il suo apparire: spesso rinuncia alla cravatta e calza scarpe da ginnastica.

Secondo la Neue Zücher Zeitung vi è però anche il pericolo che questo modo di agire trascuri certi processi di controllo: due anni or sono la banca si è vista costretta a pagare 775 milioni di euro per lacune in materia di lotta al riciclaggio.

Cosa deve ora aspettarsi UBS da Hamers? Innanzitutto – risponde il quotidiano zurighese – che comprima i costi, visto che nel 2019 con ING è riuscito a realizzare un utile superiore a quello di UBS partendo da ricavi minori. Sarà inoltre chiamato a portare avanti il processo di digitalizzazione, ma avrà bisogno di nuove ricette, visto che UBS – a differenza di ING – non è una banca concentrata solo sul retail, bensì ha anche un’importante presenza nell’amministrazione patrimoniale.

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