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Ue, sì al Recovery fund ma ora è battaglia sugli aiuti

"L'Italia è in prima fila a chiedere il Recovery Fund. Uno strumento del genere era impensabile fino a adesso e renderà la risposta europea più solida e coordinata", ha detto questa sera il premier italiano Giuseppe Conte (foto d'archivio) KEYSTONE/EPA/FILIPPO ATTILI/CHIGI PALACE PRESS OFFICE HANDOUT sda-ats

(Keystone-ATS) Un pacchetto di misure importanti, operative dal primo di giugno, e un “sì” al principio del Recovery Fund “urgente”, come aveva chiesto l’Italia, anche se con tutti i dettagli ancora da definire a cui lavorerà la Commissione nelle prossime settimane.

La videoconferenza dei leader Ue sulla risposta economica alla crisi del coronavirus, la più profonda dal dopoguerra, cerca di ritrovare almeno un’unità d’intenti che consenta di proseguire lo sforzo per definire una risposta all’altezza della situazione.

Tra le misure figurano il piano della Banca europea per gli investimenti (Bei), il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) e il Sure, uno strumento contro la disoccupazione garantito da tutti gli Stati membri che dovrebbe servire a salvaguardare l’occupazione in alcuni Paesi, ad esempio Italia e Spagna, particolarmente colpiti dal nuovo coronavirus.

L’Ue ha dunque accolto, almeno in parte, l’idea di creare uno strumento nuovo come il fondo per la ripresa (Recovery fund). “Uno strumento del genere era impensabile fino adesso e renderà la risposta europea più solida e coordinata”, ha esultato il premier italiano Giuseppe Conte. Ma ora parte la battaglia su come funzionerà, cioè se concederà prestiti o sovvenzioni a fondo perduto. E gli schieramenti restano i soliti: i frugali del Nord – più favorevoli ai prestiti – contro il Sud che chiede aiuti da non restituire per chi è stato più colpito.

Il quadro economico è drammatico, e la presidente della Banca centrale europea (Bce) Christine Lagarde parte in pressing sui leader: il Prodotto interno lordo (Pil) dell’Eurozona rischia una contrazione del 15% e finora è stato fatto troppo poco e troppo in ritardo per contrastare i danni economici. Ciò che occorre adesso sono misure per la ripresa rapide, risolute e flessibili, avverte la Lagarde, perché non tutti i Paesi, colti dalla crisi, potrebbero essere in grado di agire nel modo necessario.

Dopo il vertice europeo l’accordo su come affrontare la fase della ripresa ancora non c’è, ma una base di lavoro sì. La mette sul tavolo la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che ha cercato di fare una sintesi delle proposte avanzate dalle diverse capitali. Il punto di partenza è che per rilanciare l’economia europea bisogna servirsi degli strumenti che già abbiamo, come il bilancio pluriennale, e poi creare qualcosa di nuovo, che aggiunga risorse in un momento di estrema necessità per le casse di tutti, soprattutto di quelli più colpiti dallo shock sanitario ed economico.

La presidente vuole arrivare a mobilitare 2.000 miliardi di euro, cioè il doppio dell’attuale bilancio a 28. E propone quindi di aggiungere al prossimo bilancio Ue, per il periodo 2021-2027, un fondo temporaneo e mirato per la ripresa (Recovery fund) dotato di 320 miliardi di euro, raccolti grazie all’emissione di obbligazioni comuni. La metà sarebbero distribuiti sotto forma di prestiti ai Paesi, l’altra metà andrebbe a programmi “ad hoc”, nel quadro del bilancio pluriennale Ue, per i Paesi più colpiti dall’emergenza.

Se nessuno è contrario in via di principio a creare il Recovery fund, non tutti sono d’accordo con il tipo di sostegno che deve dare. L’Italia vuole sovvenzioni, non prestiti, e una potenza di fuoco molto più ampia. “L’ammontare del Recovery fund dovrebbe essere pari a 1.500 miliardi e dovrebbe garantire trasferimenti a fondo perduto ai Paesi membri, essenziali per preservare i mercati nazionali, parità di condizioni, e per assicurare una risposta simmetrica a uno shock simmetrico”, ha detto Conte ai colleghi durante la videoconferenza. Sulla stessa linea sono Francia, Spagna, Portogallo e Grecia. “Servono trasferimenti di risorse verso i Paesi Ue più colpiti da questa crisi, non dei prestiti”, gli ha dato manforte il presidente francese Emmanuel Macron. Dal canto suo, Von der Leyen, che entro il 6 maggio dovrà presentare la nuova proposta di bilancio Ue e Recovery fund, assicura che ci sarà “un giusto equilibrio tra sovvenzioni e prestiti”.

Sull’altro fronte, invece, i Paesi “frugali” (su tutti Olanda, Svezia, Danimarca, Finlandia e Austria) che si oppongono ad aumenti del budget comune e a forme di trasferimenti a fondo perduto. Difendendo il principio secondo cui la Commissione Ue non può indebitarsi. “Per gli aiuti a fondo perduto lo strumento giusto è il bilancio pluriennale dell’Ue, mentre guardo al Recovery fund come ad un sistema basato sui prestiti. Comunque siamo in una fase iniziale della discussione”, ha sintetizzato il premier olandese Mark Rutte.

La Germania non si schiera apertamente nella battaglia ma la cancelliera Angela Merkel ammette che “non su tutto siamo della stessa opinione”, anzi che c’è un vero e proprio “disaccordo” su come finanziare il fondo, assicurando però che Berlino è disponibile a versare di più al bilancio europeo.

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