USA, fiscal cliff, ci sarà intesa?
Gli occhi della comunità economica mondiale sono puntati su Washington, dove tutti sperano che nelle prossime ore il buon senso vinca i veti incrociati e si trovi un modo per evitare il fiscal cliff.
Quando mancano appena cinque giorni al 'precipizio fiscalè che farebbe ripiombare l'economia Usa, ma anche quella globale, in una nuova recessione, Barack Obama interrompe le sue vacanze alle Hawaii e torna alla Casa Bianca per cercare un'intesa 'last minutè con l'opposizione repubblicana. Stasera il presidente lascia i mari del Pacifico per rientrare domani nella capitale. Anche i senatori e i deputati nelle stesse ore sono stati convocati a Capitol Hill. Da quel momento partirà il conto alla rovescia, le ultime mosse ormai sull'orlo del baratro. Riprenderanno febbrili i contatti tra Barack e il Grand Old Party repubblicano. Ma tenuto conto delle arcinote distanze politiche tuttora in campo sul tema dei tagli e delle tasse ai ricchi, regna un clima di scetticismo generale sulle chance di accordo.
Secondo gli ultimi sondaggi, solo il 50% crede che alla fine si troverà un'intesa, ben il 7% in meno di pochi giorni fa. E addirittura pare che gli americani, dopo la strage di Newtown, siano più preoccupati dalla diffusione delle armi che dal fiscal cliff.
Prima di questo Natale, che i media hanno beffardamente ribattezzato 'Cliffmas', Obama aveva proposto una 'mini-intesà che puntava a stralciare il tema delle tasse, in modo da evitare un aumento medio delle imposte di 2200 dollari a famiglia, un vero salasso che avrebbe ricadute serie sui consumi e su tutta l'economia Usa.
I repubblicani hanno però già fatto sapere di essere contrari. E in tanti accusano ormai tutte le parti di tornare al solito 'blame gamè, ovvero lo 'scaricabarilè reciproco. Intanto, si fanno già i conti con le conseguenze pratiche, nella vita di tutti i giorni, del sempre più probabile fiscal cliff: con il sistema dei tagli automatici alla spesa, circa 2,1 milioni di disoccupati dovranno rinunciare al loro sussidio. Ma non solo. Con i tagli ai trasporti, ci saranno meno addetti alla sicurezza negli aeroporti americani. E ciò comporterà file più lunghe ai check point e inevitabili ritardi nei voli. Perciò, a spingere a favore dell'accordo si mobilita in queste ore perfino Starbucks, la catena di caffè più famosa d'America.
Il suo amministratore delegato, Howard Schultz, ha chiesto ai camerieri dei 120 punti vendita dell'area di Washington di scrivere tra giovedì e venerdì, i giorni cruciali della trattativa, 'Come together' sui bicchieri di cartone prima di consegnarli ai clienti. "Stiamo seguendo con molta attenzione cosa sta succedendo, e siamo molto preoccupati. Credo che tutti noi ci meritiamo qualcosa di meglio", ha detto Schultz spiegando il senso della sua iniziativa. Lo stesso messaggio, 'Come together', verrà lanciato nei prossimi giorni sui social media, attraverso spot tv e sul Washington Post e New York Times. "E se i colloqui non faranno progressi - promette Schultz - faremo molto di più".