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USA, Obama contro Isis. vinceremo

(Keystone-ATS) “Alla fine sconfiggeremo l’Isis. Vinceremo”: Barack Obama dice di essere tornato dal vertice della Nato in Galles con questa convinzione e annuncia che mercoledì, alla vigilia dell’anniversario degli attentati dell’11 settembre 2001, spiegherà agli americani il suo “piano di azione” contro la minaccia jihadista, con un discorso in diretta tv.

Il presidente americano appare più che mai deciso a convincere tutti che quella di non avere una strategia in Iraq e in Siria è solo una calunnia alimentata dai suoi avversari politici.

Il piano verrà illustrato al Congresso americano 24 ore prima l’atteso discorso alla nazione, e punta – ribadisce Obama un una intervista a ‘Meet The Press’, sulla Nbc – alla creazione di una vasta coalizione internazionale, dagli alleati della Nato a diversi Paesi dell’area mediorientale, con l’obiettivo di estendere l’offensiva contro lo stato islamico e sottrarre sempre più terreno alle forze del ‘califfò al Baghdadi.

“Ma non sarà come nel 2003”, assicura Obama, riferendosi all’alleanza con la Gran Bretagna che portò all’invasione dell’Iraq di Saddam Hussein. E su un punto il presidente americano insiste: “Non invierò truppe”, nè in Iraq nè in Siria. “Le truppe sul campo devono essere irachene”, aggiunge, perchè “non avrebbe senso che gli Stati Uniti occupassero Paesi in giro per il Medio Oriente. Non avremmo nemmeno le risorse per farlo”.

Avanti invece con i raid aerei per sostenere lo sforzo delle forze irachene e curde che combattono sul campo. E nelle ultime ore si registra un’escalation dei bombardamenti americani, che per la prima volta hanno colpito alcune aree nell’ovest dell’Iraq, in particolare nella provincia di Anbar che per circa nove mesi è stata sotto il controllo dell’Isis, ora tornata in mano agli uomini di Baghdad. Una zona dove si trova una delle più importanti dighe del Paese, quella di Haditha.

L’intervento Usa per allontanare le colonne jihadiste dall’importante e strategico centro idroelettrico sarebbe stato chiesto proprio dal governo di Baghdad, e segna una svolta rispetto alle operazioni svolte finora dai caccia e dai droni Usa, sostanzialmente limitate a prevenire il massacro di civili e crisi umanitarie, oltre che a proteggere il personale americano in Iraq.

E probabilmente si tratta della premessa di una campagna militare più ampia e aggressiva che gli Usa condurranno nelle prossime settimane. Campagna militare che però non sarà il solo strumento con cui si tenterà di indebolire e smantellare l’Isis: ognuno, nella grande coalizione anti-jihadista che sta prendendo forma, avrà un suo preciso compito, come bloccare i flussi di denaro che finanziano l’Isis o il flusso di militanti stranieri (americani od europei) che si uniscono alla jihad.

Lo stesso leader della Lega Araba, Nabil Al-Arabi, ha chiesto ai paesi arabi di fronteggiare “sia militarmente sia politicamente” i jihadisti dell’Isis, presenti in Iraq e in Siria, lanciando l’appello in occasione di una riunione dei ministri degli esteri della Lega Araba al Cairo, all’indomani di una telefonata con il segretario di Stato Usa John Kerry. E continua l’ ansia per la sorte dei cento bambini che – secondo fonti curde – sarebbero in mano ai miliziani dell’Isis a Mosul, tenuti in ostaggio e che potrebbero essere utilizzati dai jihadisti come scudi umani per scoraggiare raid sulla città.

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