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USA 2012: Romney, si dimette portavoce apertamente gay

(Keystone-ATS) Dopo la “guerra sulle donne”, Mitt Romney rischia di perdere con Barack Obama anche “la guerra sui gay”. Richard Grenell, un esperto di politica estera apertamente omosessuale, assunto appena due settimane fa, ha deciso di mollare lo staff elettorale del candidato repubblicano alla Casa Bianca.

A spingerlo ad abbandonare questo importante incarico, la palese ostilità da parte dell’establishment del partito, evidentemente terrorizzato dal pericolo di perdere il voto degli evangelici, già insospettiti dal fatto che Romney sia mormone. Così Grenell ha motivato ufficialmente la sua scelta: “Mi sarebbe piaciuto sfidare la debole leadership di Obama in politica estera, ma purtroppo ho dovuto affrontare una discussione faziosa su questioni personali. Ringrazio comunque Romney per aver creduto in me”.

Una gran brutta grana per l’ex Governatore del Massachusetts. Il capo del suo staff, Matt Rhoades, ha cercato di metterci una pezza: “Siamo delusi dalla sua scelta che è stata provocata da ragioni strettamente personali. Noi volevamo che rimanesse tenuto conto della sua altissima specializzazione”. Parole di circostanza che in realtà non riescono a coprire una gaffe pesante, che rischia di mettere in cattiva luce il candidato repubblicano, nei confronti dei milioni elettori omosessuali americani.

Non a caso lo staff di Obama è andato immediatamente all’attacco: “Oggi abbiamo appreso che nel 2012 un candidato repubblicano alla Casa Bianca non può avere un portavoce gay”, ha scritto su twitter Teddy Goff, il direttore digitale della campagna di Obama. Secondo l’ex portavoce della Casa Bianca Bill Burton “questi sono gli estremisti bigotti e anti gay di cui una amministrazione Romney diventerebbe ostaggio”.

La nomina di Grenell, appena quindici giorni fa, aveva già fatto storcere a tanti, nel partito republicano. E dire che Romney aveva presentato la sua assunzione con un twitter molto enfatico: “La sua presenza tra noi dimostra che non tutti i gay sono progressisti e statalisti”.

Poi però sono arrivate le prime bordate dagli ambienti dell’ultra-destra. Soprattutto ad opera di Bryan Fischer, un pastore evangelico apertamente anti-gay, attentissimo alla difesa dei valori della famiglia tradizionale, presidente della potentissima American Family Association: “Le proposte dei gay – ha attaccato Fischer – rappresentano oggi la peggiore minaccia alla libertà religiosa in America”.

Anatemi duri, decisi, che vengono da un pezzo importante di elettorato repubblicano, quello che nei mesi scorsi ha appoggiato Rick Santorum, il cattolico ultraconservatore. Una fascia di votanti a cui il Grand Old Party non può certo voltare le spalle, a soli pochi mesi dal voto. Da qui la scelta dello staff di Romney, di fatto, di non replicare e non difendere il proprio uomo. E la conseguenza non poteva che essere la decisione di Grenell di mollare tutto.

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