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Usa 2020: lo spettro #Metoo su Biden. I dem non escludono piano B

Uno degli scenari vedrebbe Barack Obama alla vicepresidenza. KEYSTONE/AP/RON EDMONDS sda-ats

(Keystone-ATS) I democrattici non escludono un piano B se Joe Biden fosse costretto a ritirarsi dalla corsa per la Casa Bianca, travolto dallo spettro #Metoo per le accuse di aggressione sessuale che una sua ex assistente, Tara Reade, gli ha mosso quasi 30 anni dopo.

In prima fila per una candidatura last minute ci sarebbe il governatore di New York Andrew Cuomo, la cui popolarità è salita alle stelle a livello nazionale per i suoi briefing pacati e accurati sul coronavirus, in contrapposizione a quelli caotici e divisivi del presidente Donald Trump. In panchina siederebbe anche l’ex segretario di Stato John Kerry, uno dei primi a dare il suo endorsement a Biden.

Ma c’è pure chi azzarda un ticket stellare con Hillary Clinton presidente e Barack Obama vice, come fa su Hill l’opinionista Douglas MacKinnon, un ex dirigente della Casa Bianca sotto Ronald Reagan e George H. W. Bush. Il tandem, a suo avviso, sarebbe la soluzione più creativa e rappresenterebbe un vero incubo per il tycoon: un piano “C and O”, dalle iniziali dei due leader democratici. Se Biden dovesse mollare prima della convention sarebbero i delegati a nominare il suo sostituto, altrimenti toccherebbe al comitato nazionale del partito.

Per Obama non sarebbe carica elettiva

MacKinnon supera anche i dubbi legati alla costituzione, che vieta di essere eletti presidente più di due volte: nel caso di Obama vice, non si tratterebbe di carica elettiva, neppure se succedesse a Hillary qualora lei lasciasse l’incarico. L’ex presidente inoltre potrebbe apparire ai liberali e ai “never Trump” (mai Trump) come il salvatore della patria e lavorare a suo piacimento dalla residenza vicepresidenziale del Naval Observatory, a due passi da casa sua.

Ai più questo scenario sembra fantapolitica ma i democratici si tengono pronti per il peggio, anche perché su Biden incombe pure lo spettro dell’Ucrainagate, ossia la vicenda del figlio Hunter che sedeva nel board della società energetica Burisma a 50’000 dollari (48’540 franchi al cambio attuale) al mese mentre il padre gestiva la politica americana in quel Paese: uno scandalo che i repubblicani si preparano a rispolverare in estate.

Oltre a Tara Reade, l’Ucrainagate

Il caso più imbarazzante ora però è quello delle accuse sessuali mosse da Tara Reade. Biden ha atteso settimane prima di smentirle personalmente. Nel frattempo ha incassato ugualmente l’appoggio “sulla fiducia” di molte esponenti democratiche, dalla speaker Nancy Pelosi a Hillary, dalle senatrici Kamala Harris, Amy Klobuchar e Kirsten Gillibrand alla ex candidata governatrice Stacey Abrams. L’ultima è stata la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, stella democratica in ascesa, tra le papabili a vice di Biden e lei stessa vittima di abusi 30 anni fa: “Tutti hanno il diritto di raccontare la loro storia ma noi abbiamo il dovere di valutarla, non tutte le denunce sono uguali”.

Sembra che il #Metoo abbia due pesi e due misure, se si pensa a come furono trattate invece le accuse di Christine Blasey al giudice della corte suprema Brett Cavanaugh nominato da Trump. Per questo il board editoriale del New York Times ha sollecitato il Partito democratico ad indagare sul caso e qualcuno ha chiesto a Biden di autorizzare la diffusione dei documenti sui suoi 36 anni da senatore conservati all’università del Delaware, dove potrebbe trovarsi traccia della denuncia della Reade.

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