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Voto donne: un progetto artistico a 50 anni dalla sua introduzione

Marina Carobbio Guscetti ritratta oggi su Piazza federale accanto al ritratto di Marthe Gosteli, femminista e sostenitrice del voto alle donne. KEYSTONE/PETER KLAUNZER sda-ats

(Keystone-ATS) Dopo diversi tentativi andati a vuoto e in grande ritardo rispetto a molti paesi europei e no, il 7 febbraio 1971 i cittadini svizzeri concessero il diritto di voto ed eleggibilità alle donne a livello federale.

Per ricordare coloro che per oltre un secolo hanno lottato per raggiungere questo traguardo, a cinquant’anni da quella data storica si terrà a Berna su Piazza federale da 7 al 16 febbraio il progetto artistico-culturale “Omaggio 2021” promosso dall’associazione Omaggio 2021, presieduta dalla Consigliera agli Stati Marina Carobbio Guscetti (PS/TI).

In una nota odierna, gli organizzatori dell’appuntamento affermano che il fulcro del progetto sarà una proiezione panoramica di materiale documentario sulla facciata del Palazzo federale, della Banca nazionale svizzera e della Banca cantonale di Berna sugli sforzi compiuti dalle donne per il riconoscimento dei loro diritti.

Questa proiezione è un ricordo del successo e della perseveranza delle nostre nonne e delle nostre madri, e del sostegno che hanno ricevuto da pochi uomini (inizialmente pochi in numero) influenti, tanto coraggiosi quanto progressisti, si legge nel comunicato.

All’apertura della kermesse, risuoneranno dal vivo, sotto forma di dialogo multilingue, canti corali provenienti da tutta la Svizzera. Le canzoni sono del compositore friburghese Jean-François Michel e di Virginia Helbling, scrittrice e giornalista nata a Lugano nel 1974 e laureatasi in lettere all’Università di Friburgo. La direzione artistica del progetto è affidata alla regista zurighese Liliana Heimberg.

Contemporaneamente, nel centro storico di Berna saranno presentati 52 ritratti di donne (due per ogni cantone) dal percorso straordinario in vari campi. I passanti potranno utilizzare il proprio cellulare per ascoltare, mediante un codice QR, una dichiarazione di ogni donna e ottenere ulteriori informazioni sulla loro vita. Un altro progetto completerà l’appuntamento coinvolgendo donne esperte di storia, scuole di tutti i cantoni e 16 cori.

Voto alle donne, gli inizi

Rammenta il Dizionario storico della Svizzera (hls-dhs-dss.ch) che, benché la Costituzione elvetica del 1798, le Costituzioni cantonali liberali del XIX secolo e le Costituzioni federali del 1848 e 1874 non escludessero esplicitamente le donne dai diritti politici, una loro partecipazione (diritto di voto e eleggibilità) non entrava in linea di conto. I principi di libertà e uguaglianza, adottati in Svizzera dal 1798 erano applicati solo agli uomini.

Nella prima metà del XIX secolo le donne non rivendicarono diritti politici, ma miglioramenti nell’ambito del diritto civile (parità tra uomo e donna). Fu solo nel 1868, in occasione della revisione della Costituzione cantonale, che alcune zurighesi chiesero invano il diritto di voto e di eleggibilità.

Influenze esterne

Alla fine del XIX secolo, sotto l’influenza del movimento femminista tedesco e anglosassone, nacquero associazioni con scopi educativi e professionali che lottavano per un miglioramento della condizione giuridica ed economica delle donne e anche per il suffragio femminile. Dei giuristi consigliarono alle donne di battersi dapprima per i loro diritti in ambito ecclesiastico, scolastico e sociale, convinti che il suffragio femminile a livello comunale, cantonale e federale avrebbe poi fatto seguito.

Questo suggerimento tattico determinò da allora le azioni delle associazioni femminili e il pensiero dei politici di tutti i partiti (nel 1904 il Partito socialista incluse il diritto di voto alle donne nelle sue rivendicazioni). Le associazioni per il diritto di voto alle donne, sorte all’inizio del XX secolo, costituirono nel 1909 l’Associazione svizzera per il suffragio femminile (ASSF), di cui facevano parte anche uomini.

La prima guerra mondiale

Durante la prima guerra mondiale, poiché la situazione lasciava presagire un rivolgimento sociale, la rivendicazione del suffragio femminile riacquistò vigore. Tra il 1914 e il 1921 vennero depositate interpellanze a favore del suffragio femminile a Basilea Città, Berna, Ginevra, Neuchâtel, Zurigo e Vaud, ma fallirono quasi tutte già nei parlamenti. Nel 1920, l’Associazione ginevrina per il suffragio femminile lanciò un’iniziativa popolare, che venne respinta.

Tra il 1919 e il 1921 Neuchâtel, Basilea Città, Zurigo, Glarona e San Gallo si espressero sullo stesso oggetto, ma sempre con esito negativo. Nel 1919, nel Ticino si stabilì che il diritto di voto e di eleggibilità nei patriziati poteva essere esercitato da un uomo o da una donna in rappresentanza di ogni famiglia.

Durante lo sciopero generale del 1918, il comitato di Olten incluse il suffragio femminile nelle proprie rivendicazioni. Due mozioni per il suffragio femminile a livello federale furono depositate per la prima volta in Consiglio nazionale, poi ridotte a dei postulati (1918-1919). Questi furono trasmessi al Consiglio federale, che li trascurò per decenni.

Negli anni ’30, la crisi economica e il consolidamento delle correnti politiche conservatrici e fasciste furono accompagnate da un’enfatizzazione dei doveri delle donne nella sfera domestica, sfavorendo di fatto la rivendicazione del suffragio femminile.

La II guerra mondiale e il dopoguerra

Durante la seconda guerra mondiale le associazioni femminili svizzere si impegnarono di nuovo nell’aiuto sociale con la speranza di ottenere diritti politici. Nel 1940 progetti di legge per il suffragio femminile sul piano cantonale e comunale furono però respinti a Ginevra e Neuchâtel.

Nel 1945 in Consiglio nazionale venne indirizzata una mozione per il suffragio femminile al Consiglio federale. Nell’atmosfera di rinnovamento dei primi anni del dopoguerra si tennero alcune votazioni a livello cantonale o comunale, tutte però conclusesi con un nulla di fatto (Basilea Città, Basilea Campagna, Ginevra e Ticino nel 1946; Zurigo nel 1947; Neuchâtel e Soletta nel 1948; Vaud nel 1951).

La causa del suffragio femminile non beneficiò né della ripresa economica degli anni ’50, periodo in cui venne sottolineato il ruolo della donna quale custode della casa e della famiglia per compensare i veloci cambiamenti del mondo esterno, né della tendenza politica conservatrice durante la Guerra fredda.

Quando però il Consiglio federale volle integrare le donne nella difesa nazionale con un servizio obbligatorio di protezione civile, l’ASSF, l’Unione svizzera delle donne cattoliche e l’Alleanza delle società femminili svizzere si opposero all’imposizione di nuovi obblighi in assenza dei diritti politici.

1959, primo tentativo fallito…

Nel 1957, il governo presentò la bozza per una votazione sul suffragio femminile. Nel 1959 l’oggetto venne respinto con 654’939 (66,9%) no contro 323’727 (33%) sì e con una partecipazione alle urne del 66,7%. Solo Vaud, Ginevra e Neuchâtel lo accettarono. Vaud introdusse contemporaneamente il suffragio femminile a livello cantonale e comunale. Neuchâtel seguì lo stesso anno e Ginevra nel 1960.

ma qualcosa si muove nei Cantoni

Il primo cantone della Svizzera tedesca ad accettare il suffragio femminile sul piano cantonale e comunale fu Basilea Città nel 1966, seguito da Basilea Campagna nel 1968 e dal Ticino nel 1969.

Nel 1968 il Consiglio federale progettava di sottoscrivere la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, escludendone il suffragio femminile. Le associazioni femminili, temendo ulteriori rinvii, protestarono in massa. Alla fine del decennio, data la situazione sociale già tesa, l’esecutivo fu costretto ad attivarsi per presentare una nuova proposta di voto.

Poiché questa volta sembrava probabile un “sì” delle urne, i contrari preferirono non esporsi dato che nessun partito voleva privarsi delle potenziali future votanti. Il 7 febbraio 1971 i votanti accettarono il diritto di voto e eleggibilità delle donne a livello federale con 621’109 (65,7%) sì contro 323’882 (34,3%) no e con un tasso di partecipazione del 57,7%, 53 anni dopo la Germania, 52 dopo l’Austria, 27 dopo la Francia e 26 dopo l’Italia.

Cadono anche gli ultimi baluardi

Il progetto venne respinto da otto cantoni: Appenzello Esterno, Appenzello Interno, Glarona, Obvaldo, Svitto, San Gallo, Turgovia e Uri. La maggior parte dei cantoni introdusse il suffragio femminile sul piano cantonale e in parte su quello comunale poco prima, contemporaneamente o appena dopo la votazione federale.

Diversi comuni ritardarono la sua introduzione fino agli anni 1980. Ad Appenzello Esterno fu accettato nel 1989 con un’esigua maggioranza (voto per alzata di mano durante la Landsgemeinde).

Nel settembre 1990, il Tribunale federale infine stabilì – modificando l’interpretazione finora vigente – che l’introduzione del suffragio femminile ad Appenzello Interno, dove lo stesso anno era stato nuovamente rifiutato dalla Landsgemeinde, non avesse bisogno di modifiche della Costituzione cantonale. Anche quest’ultimo Cantone dovette infine alzare bandiera bianca.

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