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Wall Street scommette su Trump, Dj sopra i 20’000

Al New York Stock Exchange l'indice industriale Dow Jones sfonda la soglia dei 20'000 punti. Keystone/AP/RICHARD DREW sda-ats

(Keystone-ATS) Wall Street ha deciso di scommettere su Donald Trump. Dopo l’impetuosa corsa al rialzo degli ultimi mesi, adesso il Dow Jones ha oltrepassato per la prima volta nella sua storia la soglia psicologica dei 20’000 punti.

Basti pensare che dalla sua elezione alla Casa Bianca ai primi del novembre scorso il principale indice della Borsa di New York ha guadagnato 1667 punti: mai in tempi recenti c’è stato un balzo così vigoroso in così poco tempo.

E se il flirt con i 20’000 punti è durato alcune settimane, il record si è materializzato alla luce delle prime mosse del nuovo presidente degli Stati Uniti, insediatosi nello Studio Ovale meno di una settimana fa.

Mosse che saranno pure controverse, ma che stanno generando grande ottimismo tra gli investitori e le grandi aziende sulle prospettive di crescita dell’economia. E su quelle di un ulteriore boom degli utili societari nei prossimi mesi.

C’è dunque entusiasmo – sottolinea la maggior parte degli analisti – per una ricetta che prevede una rivoluzione fiscale per abbattere le tasse sulle imprese, un ambizioso piano per le opere infrastrutturali, una deregulation massiccia e a tutti i livelli per favorire l’attività industriale, il rilancio degli oleodotti e dell’industria dell’auto.

Tutte politiche che si spera facciano accelerare notevolmente la ripresa (il neo presidente americano ha promesso un 4% di Pil all’anno), a patto che il “trumpismo” non porti davvero a una crisi del commercio globale.

E pensare che solo otto anni fa il Dow Jones – con l’America sull’orlo del baratro per la crisi del sistema finanziario seguita al crack di Lehman Brothers – era collassato fino a 6640 punti.

E se ora Wall Street vola sulle ali delle speranze riposte sulla “Trumpeconomics”, appare chiaro che la risalita di ben oltre 13’000 punti è da attribuire in gran parte a quanto fatto dall’amministrazione Obama, che nonostante una ripresa ancora troppo timida con le sue politiche ha creato nuovi posti di lavoro per 75 mesi consecutivi e portato la disoccupazione al livello più basso da dieci anni a questa parte.

Grazie anche al sostegno della Fed, con la sua politica dei tassi vicini allo zero e col massiccio acquisto di titoli (il Quantitative Easing). E la conferma di un’economia americana che tira potrebbe arrivare venerdì dal dato sul Pil dell’ultimo trimestre 2016. Dato che rappresenta l’ultimo pezzettino di eredità di Barack Obama.

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