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Un anno di bilaterali: il bilancio è positivo

Lo Svizzera ritiene positive le prime esperienze dopo l'entrata in vigore dei bilaterali Keystone

Dal 1° giugno 2002 Unione europea e Svizzera sono più vicine grazie agli accordi bilaterali. Per il Consiglio federale l'esperienza è positiva.

Anche l’economia si compiace delle nuove regole che definiscono le relazioni in sette settori. E non c’è stata l’immigrazione di massa.

Pochi temi toccano l’opinione pubblica elvetica come le relazioni tra la Svizzera e l’Europa unita. Nel 1992 il popolo aveva rifiutato in votazione popolare lo Spazio economico europeo, un accordo globale fra l’allora Comunità europea e i suoi vicini.

Malgrado il governo svizzero abbia sempre ribadito il traguardo strategico di un’adesione a pieno titolo all’Europa politica, la corsa verso l’integrazione ha subito una battuta d’arresto. La strada scelta nei seguenti dieci anni è quella degli accordi bilaterali: dossier per dossier, le due parti cercano di avvicinarsi.

Il primo pacchetto di sette ambiti ha trovato il favore di una forte maggioranza popolare nel maggio del 2000 e il primo giugno di quest’anno si festeggia un anno dall’entrata in vigore.

Valutazione in prospettiva

Con una procedura di consultazione tutta elvetica, il Consiglio federale ha toccato il polso della nazione per conoscere le conseguenze degli accordi: il bilancio comunicato da ambienti economici, cantoni, amministrazione e organizzazioni indipendenti si dimostra positivo. Soprattutto le attese degli ambienti economici sarebbero state ampiamente raggiunte.

Un anno non basta a valutare la portata di un avvicinamento, tuttavia i timori degli oppositori di un’immigrazione massiccia o di un’invasione delle Alpi da parte di camion stranieri si sono dimostrati infondati.

Il rapporto indica inoltre che la prima tornata di accordi ha provocato un’ondata di riforme strutturali. È soprattutto l’apertura dei mercati che ha imposto un ripensamento delle strutture degli scambi interni.

Ma anche a livello legislativo il paese diventa sempre più «eurocompatibile», avvicinando direttive e norme a quelle di Bruxelles. Questo rende i rapporti transfrontalieri più semplici.

Immigrazione: paure smentite

Aspetto spinoso dei bilaterali, l’accordo sulla libera circolazione delle persone non ha finora sollevato problemi significativi. Come previsto, i contingenti per i permessi di soggiorno di lunga durata (15’000 all’anno) sono stati fortemente sollecitati. La quota si è esaurita già dopo dieci mesi.

Numerosi frontalieri – in particolare tedeschi – hanno colto l’occasione per trasformare le loro autorizzazioni di lavoro in permessi di lunga durata. L’86 per cento dei nuovi beneficiari provengono dai quattro paesi limitrofi e dal Portogallo. Una buona parte di loro già viveva o lavorava in Svizzera.

I cantoni di frontiera non hanno registrato un afflusso sproporzionato di europei: se Basilea Città denuncia un aumento del 2,6 per cento del numero dei cittadini dell’UE residenti sul suo territorio, la loro percentuale è aumentata solo dell’1,1 per cento in Ticino ed è addirittura diminuita a Ginevra.

I nuovi stagionali

Parte degli accordi è stata inoltre l’abolizione dello statuto di stagionale, sostituito da permessi di soggiorno di breve durata validi fino a un anno. Anche qui l’attesa ondata di richieste non c’è stata: il contingente di 115’500 permessi è stato sfruttato soltanto a metà (60’659).

La domanda è stata più forte nei cantoni a vocazione turistica: Vallese e Grigioni hanno ottenuto un quarto dei permessi rilasciati. Il numero dei frontalieri è aumentato del 3,3 per cento per raggiungere quota 175’292. Due terzi di essi lavorano nei due semicantoni di Basilea, a Ginevra e in Ticino.

La liberalizzazione intervenuta con l’accordo ha pure stimolato l’arrivo in Svizzera di lavoratori assunti da ditte straniere. Da questo profilo, soltanto il cantone dei Grigioni ha subito una progressione dell’80 per cento. Quest’evoluzione richiede particolare sorveglianza da parte delle autorità preposte al controllo del rispetto delle condizioni di lavoro minime e dei salari in uso, soprattutto – ha ricodato Deiss – che dall’anno prossimo scadrà una parte delle misure previste nell’accordo.

Trasporti e agricoltura

Sul fronte dei trasporti terrestri, tutto si è finora risolto meglio di quanto si pensasse. Il numero dei veicoli pesanti in transito lungo gli assi alpini è calato del 9 per cento in dodici mesi. Il ministro dell’economia, Joseph Deiss, ha comunque ammesso che la stagnazione economica e il sistema contagocce al San Gottardo hanno contribuito a questa riduzione.

Se l’importanza economica dell’accordo sul trasporto aereo non va più dimostrata, la sua entrata in vigore è avvenuta in una fase difficile per i trasporti. I clienti svizzeri hanno comunque potuto approfittare del calo delle tariffe aeree.

L’attuazione dell’accordo sull’agricoltura registra pure alcuni problemi di partenza, si afferma al Dipartimento responsabile. I volumi d’importazione ed esportazione non sono variati in modo significativo, né per la frutta, né per il formaggio. Gli esportatori svizzeri sfruttano timidamente le quote esenti da dazi doganali.

Estensione degli accordi

L’Europa è attualmente in fase di allargamento e con l’estensione degli accordi bilaterali ai nuovi Stati membri dell’Unione europea, il loro peso è destinato ad aumentare. I mercati dei paesi dell’est sono in pieno sviluppo e mantengono il loro interesse per l’economia elvetica.

Secondo le cifre presentate dalla ministra degli esteri, Micheline Calmy-Rey, con questo allargamento la Svizzera potrà beneficiare in futuro di una crescita del suo prodotto interno lordo (PIL) tra lo 0,2 per cento e lo 0,5 per cento, con un guadagno di 1-2 miliardi di franchi.

Adesso una serie di nuovi temi dovrebbe approfondire ulteriormente le relazioni bilaterali. Secondo la ministra degli esteri, i negoziati sul secondo «pacchetto» di accordi bilaterali sono a buon punto. Ma la tensione pilitica sul fronte interno rimane alta.

Alcuni partiti e gruppi di destra – soprattutto l’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI), sconfitta con i primi sette dossier – si oppongono ad ogni ulteriore concessione. Si teme una perdita di sovranità e il ridimensionamento della democrazia diretta.

Ogni nuovo dossier è comunque ancora legato all’avvallo popolare, visto che gli oppositori hanno già promesso il ricorso al referendum. L’avvicinamento graduale sembra comunque una soluzione pragmatica che trova il consenso popolare.

Il governo non intende dunque forzare i tempi: per il momento l’adesione della Svizzera all’UE non è un’opzione «realistica» a medio termine.

swissinfo e agenzie

Gli accordi bilaterali sono stati firmati a Lussemburgo il 21 giugno 1999, dopo oltre quattro anni di intensi negoziati.

Il 21 maggio 2000, il popolo svizzero ha approvato questa proposta di avvicinamento all’Unione europea (UE) con il 67,7 per cento di voti favorevoli.

Il processo di ratifica si è concluso in Svizzera il 16 ottobre dello stesso anno, mentre all’interno dell’UE si è prolungato fino al dicembre del 2001.

I trattati permettono di rafforzare i legami con il partner economico più importante per la Svizzera in sette settori: circolazione delle persone, trasporti aerei e terrestri, ricerca, agricoltura, appalti pubblici e commercio.

In alcuni ambiti vengono ampliati in parte i campi di applicazione dell’accordo di libero scambio concluso tra la Svizzera e l’UE nel 1972.

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