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Un anno dopo il numero d’aborti non è aumentato

Con la nuova legge, l'aborto nelle prime 12 settimane di gravidanza è depenalizzato. Keystone

Entrata in vigore il 1° ottobre 2002, la "soluzione dei termini" non ha causato un aumento delle interruzioni di gravidanza in Svizzera.

È cambiata invece la situazione degli ospedali che in futuro potranno difficilmente rifiutare di inserire l’aborto nel catalogo delle prestazioni offerte.

L’introduzione del cosiddetto regime dei termini – la possibilità per la donna di interrompere la gravidanza nelle prime dodici settimane senza incorrere in pene – non ha portato ad un aumento degli aborti.

Stanno invece scomparendo le disparità regionali: tutti i cantoni – anche quelli tradizionalmente antiabortisti – stanno creando le premesse per praticare gli interventi sul loro territorio, nonostante le resistenze di qualche ospedale.

Una legge a sostegno della prassi

La modifica del codice penale era stata accolta in referendum il 2 giugno 2002 a livello nazionale dal 72 per cento dei votanti ed era entrata in vigore il 1° ottobre.

La legge non ha fatto che ricalcare una realtà già acquisita da tempo: sebbene infatti l’ordinamento precedente autorizzasse l’aborto solo in caso di pericolo di morte della madre, dal 1988 non vi erano più state condanne e i cantoni liberali permettevano l’interruzione della gravidanza anche per motivi sociali.

Stando ad un primo bilancio la nuova normativa non ha portato più donne sotto i ferri: il numero degli aborti effettuati nei primi mesi dall’introduzione della nuova normativa rimane nell’ordine di quello degli anni scorsi. Lo rivelano due diverse inchieste, condotte dall’Agenzia telegrafica svizzera (ats) e dall’Unione svizzera per decriminalizzare l’aborto (Uspda).

Numero costante

Lo scorso anno, stando all’Uspda, sono stati praticati in tutta la Svizzera 11’500 aborti, il 40% dei quali per via medicamentosa (con il farmaco RU 486). Nei primi tre mesi dopo l’entrata in vigore della legge non vi sarebbero stati aumenti significativi, anche se per bilancio definitivo sugli effetti della nuova normativa bisognerà attendere alcuni anni. L’inchiesta dell’ats, che tiene conto dei primi otto mesi di validità della legge sembra confermare la tendenza.

Come già in passato, circa la metà delle interruzioni di gravidanza riguarda donne straniere (che nella fascia di età fra i 15 e i 44 anni rappresentano il 25% della popolazione). In particolare a questa categoria dovrebbe rivolgersi il lavoro di prevenzione, ritiene l’Uspda.

Sul piano internazionale, la Svizzera rimane tuttavia un paese con un tasso di aborti molto basso: 7,5 casi su mille donne fra i 15 e i 44 anni.

Ospedali vallesani sotto pressione

Quello che sta cambiando è la situazione delle donne che vivono nelle roccaforti degli antiabortisti. Tipico è ad esempio il «Sonderfall» dell’Alto Vallese: gli ospedali di Briga e Visp non offrono ancora la possibilità di abortire, i rispettivi consigli di amministrazione giustificano questa prassi con il 70 per cento di «no» alla legge raccolto nella zona, una percentuale che aveva portato l’intero cantone sul fronte degli oppositori.

È però solo una questione di tempo: presto i due ospedali dovranno piegarsi ad un nuovo mandato di prestazioni. All’inizio di settembre, il parlamento vallesano ha infatti approvato il principio della «cantonalizzazione» di tutti gli ospedali a partire dal primo gennaio 2004. Il cantone avrà quindi maggiori competenze.

Il consiglio di Stato vuole imporre una prassi in materia di aborto analoga su tutto il territorio vallesano. Finora le circa 220 interruzioni di gravidanza annuali venivano praticate infatti nel Basso Vallese.

Appenzello e Nidvaldo già riformati

L’unico altro cantone che ha respinto la depenalizzazione dell’aborto è stato Appenzello Interno. Qui però le autorità hanno reagito più velocemente: l’ospedale del capoluogo Appenzello si è visto già imporre un mandato di prestazioni. Finora le donne che volevano porre fine alla loro gravidanza venivano indirizzate a San Gallo.

Anche l’ospedale di Stans (NW), dove non venivano praticati aborti, ha visto inserire l’interruzione di gravidanza nell’elenco delle prestazioni da offrire. In parlamento l’Unione democratica di centro ha tentato inutilmente di opporvisi. Da notare che nel canton Nidvaldo la soluzione dei termini è stata accolta dal 63 per cento dell’elettorato.

Stando all’Uspda i dati del 2002 sembrano confermare la tendenza, del resto già registrata negli anni Novanta, alla stabilizzazione del numero di aborti e alla diminuzione del “turismo da aborto” fra i vari cantoni.

swissinfo e agenzie

Giugno 2002: il 72,2% dell’elettorato accetta la depenalizzazione dell’aborto
Ottobre 2002: entra in vigore la nuova legge
12’000 circa le interruzioni di gravidanza effettuate ogni anno in Svizzera

La «soluzione dei termini», entrata in vigore un anno fa, depenalizza l’aborto nelle prime 12 settimane di gravidanza. La donna che desidera abortire deve inoltrare una richiesta scritta e far valere uno stato di angustia. Il medico curante è tenuto a discutere in modo approfondito con la paziente e a consigliarla.

La nuova legge ha semplificato l’iter che porta all’interruzione di gravidanza, ma non ha portato ad un aumento dei casi d’aborto.

Le regioni da sempre contrarie all’aborto – come l’alto Vallese o Appenzello interno che votarono no alla depenalizzazione – sono state costrette dalla nuova legge a rivedere le proprie posizioni. In un futuro prossimo anche gli ospedali di queste regioni dovranno offrire l’interruzione di gravidanza tra le proprie prestazioni.

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