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Un franco in vetta, costa

La corsa del franco continua e sembra non volersi arrestare. Keystone

In agosto, il valore di un euro è sceso al di sotto della soglia psicologica di 1,30 franchi. Il costante rialzo della moneta elvetica rischia di mettere in grave difficoltà l’export svizzero e potrebbe riaprire la discussione sull’adesione della Confederazione all’Unione europea.

Essere la moneta rifugio dell’Europa costa caro al turismo e alle esportazioni svizzeri. Questa situazione potrebbe avere delle ripercussioni drammatiche sull’economia elvetica e sfociare in una crisi che – stando all’ex consigliere federale Pascal Couchepin – potrebbe spingere la Svizzera a riconsiderare la possibilità di entrare a fare parte dell’Unione europea.

La fragilità delle economie di Stati uniti e Europa ha trasformato il franco svizzero in un porto sicuro per quei capitali a breve termine che si possono spostare da un paese all’altro alla ricerca di maggiori guadagni.

Come avviene per l’oro o il petrolio, la domanda incessante della moneta elvetica ne ha aumentato il valore, apprezzamento che la Banca Nazionale Svizzera (BNS) non intende più contrastare, come ha fatto nella primavera scorsa.

Così, viaggiare in Svizzera o comperare prodotti “made in Switzerland” è diventato proibitivo per i cittadini degli Stati membri dell’Ue, che – stando ai dati pubblicati dalla Segreteria di Stato dell’economia – hanno consumato il 67% dei prodotti elvetici d’esportazione.

Forza del franco, anticamera per l’Ue

In un’intervista rilasciata al domenicale NZZ am Sonntag, Pascal Couchepin ha presentato in maniera un po’ provocatoria il futuro che potrebbe prospettarsi per la Svizzera. Secondo l’ex ministro elvetico, la forza del franco potrebbe condurre il Paese verso una crisi economica, a seguito della quale la Svizzera potrebbe essere chiamata a riconsiderare una sua adesione all’Ue.

Pascal Couchepin spiega dalle colonne del giornale zurighese che se da una parte la strada dell’adesione all’Ue non è percorribile dal punto di vista politico, le cose potrebbero cambiare se l’apprezzamento del franco nei confronti dell’euro dovesse continuare.

Finora, sostiene l’ex ministro dell’interno, la Svizzera è riuscita a sopportare le pressioni del franco grazie agli interventi della BNS. Tuttavia, i settori turistico, agricolo o delle esportazioni rischiano di soccombere a causa del livello raggiunto dal franco.

È forse giunto il momento, afferma Couchepin, di riconoscere che nel mondo attuale le monete indipendenti non hanno posto, ad eccezione di dollaro, euro e yen.

Stabilità dei prezzi

Tra gennaio e giugno, ma specialmente durante i tre mesi della scorsa primavera, la BNS è intervenuta diverse volte per frenare la corsa del franco, tentativi che hanno soltanto limitato l’impennata della moneta elvetica.

Tale strategia è costata alla BNS all’incirca 150’000 milioni di franchi, investiti specialmente nell’acquisto di euro, stando ai dati pubblicati in giugno dalla banca centrale.

«Il nostro mandato è chiaro», ha spiegato recentemente sul settimanale romando L’Hebdo Philipp Hildebrand, presidente della BNS.

«La BNS deve assicurare la stabilità dei prezzi e per garantirla deve osservare l’evoluzione di vari indicatori, senza focalizzarsi su obiettivi specifici volti a regolare i tassi di cambio».

Per il momento, ha aggiunto ancora Hildebrand, in Svizzera non si corre il rischio né di una deflazione né di una inflazione. Ci si attende anzi una crescita economica del 2% per l’anno in corso, crescita che non trova paragoni in Europa.

L’export soffre

Swissmem, l’associazione mantello dell’industria metallurgica e delle macchine in Svizzera, ritiene che il cambio di 1,49 franchi svizzeri per un euro sia il livello massimo: sotto questa soglia le imprese svizzere rischiano infatti di non essere più competitive rispetto alle ditte estere.

Di recente, Johann Schneider-Ammann, presidente di Swissmem, ha definito “incoraggianti” i risultati conseguiti nel primo semestre del 2010, periodo in cui le commesse dall’estero sono aumentate del 14,8 percento rispetto all’anno precedente.

Tuttavia, Ammann ha evidenziato che il settore non ha raggiunto il livello pre-crisi e che le previsioni a medio termine delle imprese restano modeste a causa del vigore del franco.

Un’analisi confermata anche dal Centro di ricerca congiunturale del Politecnico di Zurigo (KOF). Gli esperti dell’istituto hanno infatti indicato che le esportazioni verso l’Unione europea sono in forte calo.

Nel 2010, la moneta rifugio costa caro alla Svizzera.

Andrea Ornelas, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento dallo spagnolo, Luca Beti)

Martedì, 31 agosto 2010, l’euro ha toccato il livello più basso nei confronti della moneta elvetica attestandosi a 1,2850 franchi (1,2927 il 1. settembre).

Il franco si è apprezzato anche nei confronti del dollaro: la moneta elvetica si è rafforzata fino a 1,02 franchi contro un dollaro, il livello più alto dal 15 gennaio 2010.

Il rialzo del franco, stando agli analisti, non sembra poter essere frenato nemmeno dagli interventi della Banca nazionale svizzera e potrebbe subire un’impennata dopo la pubblicazione, giovedì 2 settembre 2010, dei dati sul PIL per il secondo trimestre.

La Banca nazionale svizzera può influenzare il valore della moneta intervenendo sui tassi di interesse o con operazioni sul mercato aperto.

Tassi di interesse bassi favoriscono il consumo e quindi il volume di moneta in circolazione è più elevato. In questo caso la moneta subisce un lento deprezzamento nei confronti delle altre divise. Attualmente la BNS ha però un margine di manovra praticamente nullo, poiché i tassi di interessi sono a livelli bassissimi.

Le operazioni sul mercato aperto sono invece transazioni che la banca centrale effettua in borsa e che permettono di iniettare o ritirare moneta nel sistema.

La Svizzera figura al quinto rango mondiale tenendo conto del Prodotto interno lordo (Pil) per abitante e in ottava posizione per quanto riguarda il potere di acquisto.

Nel 2007, il Pil per abitante ha raggiunto 56’651 dollari, il 49% in più di quello della Gran Bretagna, il 45% rispetto alla Germania e il 40% della Francia.

Circa il 70% del Pil proviene dal settore dei servizi, contro il 28% dal settore industriale.

Principale partner economico della Svizzera è l’Unione europea che assorbe il 62% delle esportazioni elvetiche. Il 79,5% delle importazioni svizzere provengono dai Ventisette.

Oltre il 99% delle aziende elvetiche sono piccole e medie imprese che impiegano meno di 250 collaboratori.

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