Prospettive svizzere in 10 lingue

Un pardo a sorpresa

Gli ambiti pardi, ormai attribuiti Keystone

Il film del regista tedesco "Das Verlangen" Iain Dilthey ha vinto il pardo d'oro al Festival di Locarno.

Una decisione che non piace a tutti.

Il quotidiano bernese Bund parla apertamente di una decisione sbagliata. “Tra i molti vincitori possibili, la giuria d’esperti internazionali ha premiato il film più incolore”. Pure il Tages Anzeiger è piuttosto critico: “Avevamo pensato a diverse possibili pellicole premiate, ma non al film del regista tedesco”.

Il film (Das Verlangen, il Desiderio) non era in effetti tra i favoriti: si tratta di una messa in scena piuttosto teatrale in cui la moglie di un parroco di campagna, donna sottomessa e quasi irrealmente passiva, scopre di amare un assassino.

Tutto nel film, dalle scenografie, ai dialoghi, alla fotografia e soprattutto l’interpretazione della protagonista gronda di violenza passiva, che diventa attiva alla fine.

Secondo il suo presidente, Cedomir Kolar, nemmeno la giuria era unanime sul verdetto del primo premio, mentre lo è stata su tutti gli altri premi. Il favorito del pubblico è stato il film di Gurinder Chadha “Bend it like Beckman”, sul calcio femminile.

Lodi e critiche

Nel suo editoriale, il foglio ginevrino Le Temps evidenzia come la scommessa della direttrice Irene Bignardi e del presidente Marco Müller possa considerarsi vinta. Per la prima volta da festival di categoria A (come quelli di Cannes, Venezia o Berlino per intenderci), a Locarno si è optato “per un’altra formula, non fatta unicamente da nomi prestigiosi. Questa diversità, più aperta ai gusti del pubblico, ha permesso agli spettatori di crearsi il proprio festival”.

Tra le critiche più frequenti mosse a questa 55esima edizione, l’offerta troppo abbondante e la mancanza di coerenza nel mettere insieme i film in concorso. Ecco come ribatte la direttrice Irene Bignardi alla prima critica: “Non voglio trovare un filo conduttore ma mostrare film di qualità che non siano solo delle grandi produzioni.

“Certo se potessi sedermi in poltrona e scegliere i 10 film migliori dell’anno avrei fatto forse altre scelte. Ma ci sono condizionamenti stagionali, come la concorrenza del festival di Venezia che inizia subito dopo il nostro, e altre ragioni per cui devo cercare di fare il meglio possibile con quello che ho a disposizione”. Cioè con i film che i produttori decidono di mandare a Locarno e non da un’altra parte.

La piazza è un’arena

L’unico “errore” che Irene Bignardi ammette di aver fatto è forse l’aver proiettato dei film “difficili” (come Gerry del regista cult americano Gus Van Sant) sulla piazza grande. Questo, considera la direttrice, come altri film aspramente criticati avrebbero trovato una collocazione migliore in un altro contesto, in cui sarebbero stati meglio valorizzati. Ma la piazza resta un’arena è ha bisogno di tanto in tanto anche di contendenti forti e non solo di film per compiacere il grande pubblico, aggiunge.

Come mai poi i film commerciali più attesi sono stati proiettati quasi tutti verso la fine del festival? Anche qui, spiega Irene Bignardi, chi non sta dentro all’organizzazione non si rende conto di quante costrizioni ci sono, come ad esempio i desideri delle majors americane di vedere il loro film proiettato in un determinato giorno e non in un altro.

Dimensioni

Quanto al gigantismo del festival questa è l’opinione di Irene Bignardi: “Preferisco un festival in cui ognuno possa scegliere percorsi personali, piuttosto che un festival verticale”.

E a chi ha criticato il festival per l’offerta troppo abbondante fa notare che le sale specialmente per le retrospettive hanno fatto registrare presenze superiori del 30% rispetto all’anno precedente, anche di giorno. Se l’offerta è troppo abbondante , come si spiegano allora tutte queste presenze?

Gli altri premi

Il pardo d’argento è andato all’argentino “Tan de repente” e all’ungherese “Szep Napok”.

Nella sezione video ha vinto una produzione metà italiana e svizzera, “Un’ora sola ti vorrei” di Alina Marazzi. Premio della settimana della critica allo zurighese Samir per il documentario “Forget Baghdad – Jews and Arabs the Iraqi Connection”.

Jorgos Paredes, il bambino di 10 anni protagonista del film grego “Hard Goodbye: My Father” ha vinto il premio per la migliore interpretazione maschile. Per quella femminile, premiata un’altra giovanissima: l’iraniana Taraneh Allidousti.

swissinfo

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR