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Ursula Andress, una leggenda elvetica

Più che una foto, un'icona SP

Nel nostro paese di banchieri, le leggende e i miti artistici sono piuttosto rari, in particolare in campo cinematografico. Prendendo spunto da una biografia di recente pubblicazione, lo scrittore Rolf Kesselring rievoca i suoi amori cinematografici.

Dopo Guglielmo Tell, il vuoto. Agli svizzeri mancano delle icone, dei personaggi conosciuti nel mondo intero nei quali identificarsi. Soltanto alcuni decenni or sono, però, una nostra compatriota – Ursula Andress – era diventata una vera e propria leggenda planetaria…

La sera in cui ho ucciso James Bond

La prima volta che mi è apparsa, Ursula (le dee si nominano utilizzando soltanto il loro nome) emergeva da un azzurro mare caraibico. Era vestita soltanto con un bikini e un pugnale da sub. Goccioline d’acqua di mare, che immaginavo salate e odorose, imperlavano la sua pelle. La mia immaginazione e la mia libido hanno raggiunto temperature da ebollizione.

È impossibile ricordare la trama della pellicola, così come è impossibile ricordare chi fosse questo Dottor No [uno dei protagonisti del film «Agente 007 – licenza di uccidere», datato 1962]. Ero incapace di continuare a vedere il film. Ursula era appena uscita dall’acqua, ma io ne ero già follemente, fatalmente, definitivamente innamorato.

Proprio in quel momento, su quella spiaggia paradisiaca, mi sono reso conto della presenza di un elemento estraneo: un certo Sean Connery, che interpretava la parte di un tale James Bond. Lei – bella come la Venere del Botticelli, quasi surreale – si dirigeva verso di lui senza degnarmi di uno sguardo. Fissava lui, e soltanto lui!

Non vi dirò come, ma – lo giuro – quella sera, ferocemente geloso, ho assassinato James Bond!

Il mio sogno infranto

In seguito ho smesso di sognare. D’altronde, chi ha detto che l’amore non muore mai? Sicuramente un ingenuo! Anni dopo, il libro scritto da Patrick Meier e Philippe Durant mi ha permesso di conoscere le vicissitudini di Ursula in giro per il mondo.

Non avrei infatti mai immaginato che questa donna superba – figlia di un diplomatico tedesco e di una cittadina rossocrociata – avesse avuto una vita tanto avventurosa. Per arrivare dal comune bernese di Ostermundigen fino a Hollywood ci sono migliaia di chilometri, e Ursula li ha percorsi tutti, deviazioni comprese.

Infrantosi su quella spiaggia lontana, il mio sogno d’amore mi aveva condotto a una falsa indifferenza nei confronti della bella: non sono mai più andato a vedere un film in cui recitava. Volevo semplicemente dimenticarla, cancellarla dalla mia memoria. Forse è stato a causa del rimorso, del senso di colpa; non si diventa tutti i giorni assassini a causa di una donna, anche se splendida.

La dimensione del miracolo

Ursula Andress è una creatura che ha vissuto in quella che io chiamo la dimensione del miracolo. Poche persone conoscono le porticine che danno accesso a questo spazio invisibile. Se lo affermo, è perché – grazie all’eccellente biografia di Meier e Durant – ha potuto capire fino a che punto Ursula aveva percorso dei sentieri straordinari per diventare quella che avevo scoperto sul grande schermo in compagnia della mia prima e ultima vittima: Sean Connery.

Per esempio, ho appreso che è partita dal villaggio svizzero di Ostermundingen per raggiungere a Parigi Daniel Gélin, il suo primo amore. L’ho pure seguita nelle strade di Roma, dove – disoccupata – Ursula incontrò due amici che non erano ancora dei mostri sacri: Brigitte Bardot e Roger Vadim.

Ossessionata dal cinema, Ursula finirà – grazie alla pazienza, alla perseveranza e a incontri apparentemente innocenti – per approdare a Hollywood. La Paramount la metterà sotto contratto, nell’intento di farla diventare l’erede di Greta Garbo e Marlène Dietrich.

Uomini ai suoi piedi

Ursula li ha conosciuti tutti, e tutti li ha conquistati. Nonostante la frustrazione che mi ha procurato la lettura della lunga lista di uomini celebri che si sono succeduti al suo fianco, non possono impedirmi di ammirare questa donna stupefacente che – grazie al suo fascino distante e glaciale – è riuscita a farmi ribollire il sangue.

Leggendo l’opera di Meier e Durant, arricchita da numerose foto e documenti, ho scoperto a pagina 62 il ritratto di Ursula da bambina, con le trecce bionde e il sorriso candido, in una fotografia caratterizzata dalle tonalità grige e delicate tipiche di quel periodo.

Penso alla ragazzina di Ostermundigen, che è riuscita a collezionare innumerevoli e celebri amori quali Alain Delon, Jean-Paul Belmondo, Marlon Brando, James Dean e Noël Howard.

Un destino straordinario, quello di Ursula Andress, raccontato dal collezionista Patrick Meier, e dal suo “complice”, l’appassionato di cinema Philippe Durant. Vi consiglio di leggere un libro che saprà appassionarvi e rivelarvi molte cose sul percorso di un’icona impressa in modo indelebile nel cuore di tanti uomini che, come me, l’hanno scoperta mentre usciva da un mare cristallino…

Ursula Andress è nata il 19 marzo 1936 a Ostermundigen, nei pressi di Berna.

Il suo debutto cinematografico è avvento nel 1954 in Italia, nel film Un americano a Roma. La pellicola che la rese celebre fu Agente 007 – Licenza di uccidere (1962), la prima della serie di James Bond.

Il celebre bikini bianco indossato nel film in questione è stato venduto all’asta nel 2001, al prezzo di 41’125 sterline (98’700 franchi).

Ursula Andress è stata sposata con il regista statunitense John Derek dal 1957 al 1966; ha avuto un figlio, Dimitri, dall’attore americano Harry Hamlin.

Tra i suoi titoli più noti figurano:

L’idolo di Acapulco (1963)

Un bacio per morire (1966)

La caduta delle aquile (1966)

Sole rosso (1971)

Scontro di titani (1981)

Ursula Andress, di Patrick Meier e Philippe Durant (in francese).

Éditions Favre

384 pagine.

Traduzione e adattamento: Andrea Clementi

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