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Il Ticino vota sul divieto di coprire il volto

Per le vie di Ginevra donne con il volto coperto dal velo islamico fanno parte della quotidianità Keystone

Il Ticino è il primo cantone chiamato a decidere in una votazione popolare se proibire di coprire il viso nei luoghi pubblici. L'accettazione dell'iniziativa appare verosimile. In altri cantoni finora nessuna proposta di vietare il burqa o il velo è stata avallata.

Donne completamente velate, in Ticino praticamente non se ne vedono mai. Il cantone italofono non è Ginevra. Eppure sarà probabilmente il primo a iscrivere nella Costituzione cantonale il divieto di dissimulare il proprio viso in pubblico, ispirato al modello francese. Questo almeno secondo vari osservatori politici, i quali ritengono che la maggioranza dei votanti metterà un sì nelle urne il 22 settembre.

L’iniziativa prevede di ancorare in un nuovo articolo della Costituzione cantonale che “nessuno può dissimulare o nascondere il proprio viso nelle vie pubbliche e nei luoghi aperti al pubblico (ad eccezione dei luoghi di culto) o destinati ad offrire un servizio pubblico”. Benché la disposizione sia formulata in termini generici, riguarda chiaramente le musulmane completamente velate. Essa colpirebbe quei tipi di veli che coprono la faccia, come il niqab o il burqa, ma non quelli che coprono solo il capo.

Depositata nel marzo 2011, l’iniziativa era munita di 11’767 firme valide. A promuoverla è stato il combattivo politico indipendente ed ex giornalista Giorgio Ghiringhelli, il quale è già riuscito in passato a conquistare la maggioranza popolare con delle proposte. Sorprendente è la composizione del comitato d’iniziativa, che conta tra i suoi membri anche donne molto conosciute in Ticino, quali l’ex “ministra cantonale” liberale radicale Marina Masoni, l’ex deputata socialista Iris Canonica, la presidente delle Donne liberali radicali ticinesi Olga Cippà o la Verde Leda Soldati.

Iniziativa a “carattere preventivo”

Per Ghiringhelli, l’iniziativa ha un “carattere preventivo”. Egli è infatti perfettamente conscio che nel cantone sudalpino la situazione non ha nulla a che vedere con quella francese. Ma sostiene che il divieto affronta il problema alla radice, impedendo così “la diffusione, altrimenti inevitabile, di niqab e burqa”.

Il governo ticinese non era certo allettato dall’idea di introdurre tale divieto nella Costituzione. Ma partendo dal presupposto che in linea di principio la maggioranza dei ticinesi potrebbe approvarlo, l’esecutivo cantonale ha deciso di prendere il toro per le corna ed ha presentato un controprogetto. Questo consiste in una modifica della Legge sull’ordine pubblico.

Il divieto di dissimulazione del viso in luoghi pubblici sarebbe così introdotto a livello legislativo. Nel testo è precisato che il divieto di nascondere il volto non è applicato all’uso di copricapo per motivi di salute, di mezzi protettivi o difensivi, di caschi o maschere, come anche di “vestiti particolari indossati durante le manifestazioni religiose e nei luoghi di culto o di abbigliamenti portati per usanze locali”.

In Francia, dall’aprile 2011 è vietato girare in luoghi pubblici con il volto coperto. Chi trasgredisce la legge rischia una multa di 150 euro.

Il divieto ha ripetutamente scatenato disordini. Di recente, il sobborgo parigino di Trappes è stato per due notti consecutive teatro di scontri tra manifestanti e polizia. Le violenze erano state innescate dal fermo di un uomo, alla cui moglie che indossava un niqab era stato imposto di identificarsi.

Dall’introduzione del divieto sono state controllate 700 donne che hanno infranto la legge. In vari casi le donne colte in flagrante si sono ribellate al controllo e hanno gridato per chiedere aiuto.

Modello francese

La maggioranza del parlamento cantonale ha scelto questa versione. Gli avvertimenti secondo cui l’isolamento delle donne velate si rafforzerà se non si possono mostrare in pubblico, non sono stati ascoltati nel corso del dibattito parlamentare in aprile.

Parallelamente all’iniziativa, il 22 settembre sarà sottoposto al voto anche il controprogetto. Ai votanti viene inoltre posta una domanda sussidiaria: devono indicare a quale dei due danno la precedenza, in caso di un doppio sì. Se l’iniziativa la spuntasse sul controprogetto, il nuovo articolo costituzionale dovrebbe ancora essere approvato formalmente dal parlamento federale.

“La legge ticinese è praticamente una fotocopia della legge francese”, spiega Guido Corti, consulente giuridico del governo cantonale. Egli ricorda altresì che la legge francese è ancora controversa. Essa deve ancora essere giudicata dalla Grande Camera della Corte europea dei diritti umani.

Settore turistico non preoccupato

Il tema non ha finora suscitato grandi dibattiti pubblici in Ticino, anche perché la politica è in pausa estiva. Nel settore turistico, per il quale potrebbero esserci ripercussioni negative, si guarda al voto con calma. Tanto più che nella regione la clientela araba non è molto presente.

All’Edenhotel Splendide Royal di Lugano, che ha ristrutturato un intero piano in funzione delle esigenze degli ospiti arabi, si afferma: “Non creerà problemi per noi”. Nell’albergo, infatti, non ci sono praticamente mai clienti completamente velate.

“In linea di principio sono del parere che gli ospiti debbano adattarsi al paese ospitante”, commenta dal canto suo Fernando Brunner, presidente dell’organizzazione Hotelleriesuisse Ticino.

Anche il responsabile del Dicastero del turismo di Lugano, il municipale della Lega dei ticinesi Lorenzo Quadri, che fa parte del comitato d’iniziativa, non vede problemi. Né l’articolo costituzionale né la legge sono stati pensati per i turisti. Ma la legge è legge: pertanto, in Ticino si applica a tutte le persone che si celano il viso, commenta Quadri, che è anche deputato nazionale.

Poco entusiasta della nuova legge, il Partito socialista ticinese (PS) ritiene che non si dovrebbe legiferare su questo tema. Ma se si è veramente obbligati a fare qualcosa, effettivamente è meglio farlo a livello legislativo che costituzionale, osserva il PS. Per questo motivo, i deputati socialisti si sono astenuti dal voto in parlamento.

Finora i tentativi di proibire burqa o velo nei cantoni non hanno avuto alcun successo. Tali divieti sono stati respinti dai parlamenti cantonali di Basilea Città, Berna, Svitto, Soletta e Friburgo.

Una iniziativa cantonale di Argovia che chiedeva di vietare in tutta la Svizzera di indossare indumenti che coprono il volto è fallita nel parlamento elvetico. Sempre alle Camere federali, altri atti parlamentari in questa direzione hanno avuto la stessa sorte .

Se dalle urne il 22 settembre un sì, il voto in Ticino farebbe dunque storia.

Anche l’uso del foulard suscita sempre controversie. Recentemente, il Tribunale federale ha stabilito che il divieto imposto dal comune turgoviese di Bürglen di indossare il foulard nelle scuole elementari, non è legale. Il regolamento della scuola non è una base legale sufficiente per una questione così importante.

A causa di tali considerazioni, nel cantone di San Gallo, l’Unione democratica svizzera (UDC, destra conservatrice) chiede al parlamento di legiferare per introdurre il divieto di indossare il velo a scuola. Tuttavia, l’UDC si trova isolata: gli altri partiti sono contrari a un divieto. Per tentare di raggiungere l’obiettivo, l’UDC deve lanciare un’iniziativa popolare.

(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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