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Verso un sì all’ONU

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L'iniziativa per l'adesione della Svizzera all'ONU è stata accolta da Ginevra, Neuchâtel, Vaud, Berna, Zugo, Giura, Basilea città e campagna, Friburgo, Vallese, Soletta e Lucerna. L'hanno invece bocciata Glarona, Argovia, Obwaldo, Svitto, Sciaffusa, Appenzello esterno e interno, Nidwaldo, Ticino, Grigioni, San Gallo, Uri e Turgovia. Le tendenze indicano una media nazionale del 54% in favore dell'adesione, con 12 cantoni favorevoli e 11 contrari.

Ginevra ha approvato l’adesione all’ONU con il 66,9%, Zugo con il 55,2%, Neuchâtel con il 65,2%, Vaud con il 63,5%, il Giura con il 63,1%, Berna con il 56,4%, il Vallese con il 51,5%, Soletta con il 52,9%, Friburgo con il 59,2%, Basilea città con il 64,1%, Basilea campagna con il 58,8% e Lucerna con il 51,5%.

Hanno invece bocciato l’iniziativa Glarona il 60,6%, Argovia con il 51,3%, San Gallo con il 53,5%, i Grigioni con il 54,4%, Sciaffusa con il 54,6%, Svitto con il 61,1%, Uri con il 59,7%, Appenzello esterno con il 54,5%, Appenzello interno con il 67,5%, Obwaldo con il 54,6%, Nidwaldo con il 53,5%, Turgovia con il 56,8% e il Ticino con il 58,7%.

Durante la campagna, nessuno dei due campi è riuscito a proporre l’argomento decisivo per aggiudicarsi i favori dell’elettorato. Gli oppositori hanno fatto leva sull’asserita perdita della neutralità e della sovranità. Hanno anche messo avanti il meccanismo del veto al Consiglio di sicurezza, che secondo loro è incompatibile con la democrazia.

La Svizzera, hanno detto, partecipa già alle varie organizzazioni specializzate dell’ONU ed è inutile che entri a far parte dell’ONU “politica”, dove si legherebbe soltanto le mani, senza esercitare maggiore influenza. Le loro argomentazioni ricalcavano quelle usate nel 1986, quando la precedente proposta di adesione fu bocciata da una forte maggioranza.

Dal canto loro, i fautori hanno ripetuto che le condizioni sono cambiate e che l’ONU non è più un luogo del confronto fra due blocchi ideologici, ma è diventata la piazza dove tutta la comunità mondiale discute dei problemi del pianeta. L’adesione, è stato detto, è assolutamente compatibile con la nostra neutralità.

Inoltre, permetterà di far valere i propri interessi e di condividere le responsabilità. Se la Svizzera restasse fuori, all’estero non capirebbero questo rifiuto di partecipare alla solidarietà internazionale. Aderendo, la Svizzera otterrebbe finalmente diritto di parola nell’assemblea generale e nelle commissioni dove si prendono decisioni rilevanti che riguardano direttamente anche il nostro paese.

La maggioranza dei cantoni contesa come raramente in passato

Stando alle proiezioni condotte dalla SRG-SSR idée suisse, una maggioranza di 12 cantoni contro 11 dirà sì all’adesione.

I sondaggi realizzati a partire da dicembre avevano evidenziato una crescita e poi una certa stabilità del sì, che si è posizionato attorno al 54%. Una cifra insufficiente però ad assicurare la maggioranza dei cantoni, necessaria in questo tipo di votazione.

Ricordiamo che l’iniziativa era stata depositata il 6 marzo 2000 da un largo comitato interpartitico. Aveva ottenuto l’appoggio della stragrande maggioranza del parlamento, degli ambienti economici, delle chiese, dei sindacati e delle principali organizzazioni di aiuto allo sviluppo. Contro si sono espressi i rappresentanti dell’Unione democratica di centro (alcune sezioni cantonali si sono però schierate per l’adesione) e l’Associazione per una Svizzera indipendente e neutrale, allineata sulle posizioni dell’UDC.

Nettamente bocciata l’iniziativa per le 36 ore

Silurata la settimana di 36 ore in tutti i cantoni, con percentuali che variano dal 60 al oltre l’80%.

Il secondo argomento in votazione questa domenica è rimasto quasi senza dibattito durante le settimane che hanno preceduto la votazione. Si trattava di un’iniziativa lanciata nel 1998 dall’Unione sindacale svizzera. Essa chiedeva l’introduzione progressiva, per tutti i lavoratori, di una settimana lavorativa media di 36 ore.

I partiti borghesi di governo, le due camere del parlamento e gli ambienti economici avevano invitato a bocciarla. Anche all’interno della sinistra l’iniziativa non era riuscita a creare l’unanimità: alcuni settori sindacali ritenevano che fissare un tempo di lavoro annuale avrebbe aperto la porta ad un’ancora maggiore flessibilizzazione del tempo di lavoro, a scapito dei lavoratori.

Mariano Masserini

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