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Al di fuori della Svizzera i reattori nucleari si moltiplicano

L'impianto nucleare di Beznau I, il più vecchio del mondo ancora in attività, con quello di Nine Mile Point 1 negli Stati uniti. Keystone

In Svizzera l’energia nucleare sembra avere i giorni o gli anni contati: governo e parlamento hanno deciso di rinunciare a nuove centrali e un’iniziativa popolare, in votazione il 27 novembre, chiede perfino una rapida chiusura dei 5 impianti in funzione. Pochi paesi seguono però questa strada: a livello mondiale l’energia atomica continua a proliferare. 

Nel 2011, dopo l’incidente di Fukushima, la Svizzera era stata uno dei primi paesi a riorientare la propria politica energetica. Lo stesso anno, il governo elvetico aveva lanciato la Strategia energetica 2050, che prevede l’abbandono del nucleare, una riduzione sostanziale dei consumi energetici e lo sviluppo di fonti rinnovabili. Il primo pacchetto di misure, approvato appena nel settembre scorso dalle Camere federali, non fissa tuttavia una scadenza per la chiusura delle 5 centrali atomiche, che dispongono di una licenza di esercizio di durata illimitata. 

Il 27 novembre il popolo svizzero è però chiamato ad esprimersi sull’iniziativa “Per un abbandono pianificato dell’energia nucleare”Collegamento esterno, che chiede di spegnere tutti gli impianti al più tardi 45 anni dopo la loro messa in esercizio. In base al testo del Partito ecologista svizzero (PES), i tre reattori di Mühleberg, Beznau I e Beznau II dovrebbero quindi essere disattivati già l’anno prossimo, Gösgen nel 2024 e Leibstadt nel 2029. 

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Finora, nonostante le catastrofi di Cernobyl e Fukushima, solo pochi paesi hanno chiuso completamente il capitolo dell’atomo. Austria, Cuba e le Filippine hanno rinunciato a impianti già costruiti o in fase di costruzione. L’Italia ha spento negli anni ’80-90 i suoi 4 reattori, già in attività. Il Kazakistan ha disattivato nel 1999 la sua vecchia centrale di origine sovietica, ma sta ora preparando un nuovo progetto. Su pressione dell’UE, la Lituania ha chiuso nel 2004-2009 i suoi due impianti, pure relitti dell’era sovietica. 

Entro un decennio dovrebbero essere spenti i reattori nucleari anche in Germania e Belgio. Nonostante queste iniziative, a livello globale l’era dell’atomo è tutt’altro che finita. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA)Collegamento esterno, oggi sono in funzione 450 reattori, in 31 paesi, che producono quasi l’11% dell’elettricità consumata in tutto il mondo. 

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Dall’apertura negli Stati uniti della prima centrale nucleare, nel 1951, sono già stati chiusi a livello mondiale 158 reattori – costruiti a titolo sperimentale oppure troppo vecchi o difettosi. Secondo i dati dell’AIEA, il numero degli impianti è però in continuo aumento. Nell’ultimo decennio 38 reattori sono stati spenti, mentre 49 sono stati messi in esercizio. Quest’anno entrano in funzione 10 impianti, mentre solo 1 viene disattivato. Dei paesi che producono energia atomica, quasi la metà vogliono sviluppare ulteriormente il loro parco di centrali nucleari. Attualmente sono infatti in fase di costruzione 60 reattori. 

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Il governo e la maggioranza di centro e destra del parlamento invitano il popolo a respingere l’iniziativa del PES, ritenendo che comprometterebbe la sicurezza dell’approvvigionamento energetico: non sarebbe possibile sostituire così rapidamente con fonti rinnovabili l’elettricità prodotta attualmente dai 5 impianti nucleari. Per soddisfare il fabbisogno interno, occorrerebbe quindi aumentare in modo massiccio le importazioni di elettricità, rischiando di sovraccaricare l’infrastruttura della rete. 

L’anno scorso, le centrali atomiche svizzere hanno assicurato il 33,5% dell’energia elettrica consumata sul territorio elvetico. Una quota che si situa nella media dei paesi europei produttori di energia nucleare.

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Per i promotori dell’iniziativa, l’energia nucleare mancante potrà essere compensata entro il 2029 dagli impianti idroelettrici, che forniscono già circa il 65% dell’elettricità, e dalle nuove fonti rinnovabili, che vanno ora potenziate sull’esempio di quanto fatto in altri paesi europei, come la Germania e la Danimarca. Ai loro occhi non è in gioco la sicurezza dell’approvvigionamento, ma la sicurezza della popolazione. Le centrali si trovano in regioni densamente popolate e, in caso di incidente, buona parte del territorio nazionale non sarebbe più abitabile. Tre dei cinque impianti svizzeri – Beznau I, Mühleberg e Beznau II – figurano addirittura tra i più vecchi del mondo. 


REATTORI PIÙ VECCHI ANCORA ATTIVI
Svizzera – Beznau 1  1969
Stati uniti – Nine Mile Point 1        1969
Stati uniti – Point Beach 1          1970
Stati uniti – Dresden 2                   1970
Stati uniti – Robinson 2                 1970
Svizzera – Mühleberg                   1971
Svizzera – Beznau 2                     1971
Russia – Novovoronezh 3          1971
Svezia – Oskarshamn 1               1971
Canada – Pickering 1                   1971
Pakistan – Kanupp                       1971
Stati uniti – Dresden 3                   1971
Stati uniti – Monticello                            1971
Stati uniti – Palisades                   1971


Il 27 novembre il popolo svizzero è quindi chiamato a decidere, se chiudere tutti gli impianti nucleari entro il 2029, come richiesto dall’iniziativa del PES, oppure in tempi più lunghi, come previsto dalla Strategia energetica 2050 adottata dal parlamento. Questa normativa è però combattuta da un referendum lanciato dall’Unione democratica di centro, che si oppone tra l’altro alla prevista rinuncia all’energia nucleare. Se il partito di destra riuscirà a raccogliere le 50’000 firme necessarie entro il 19 gennaio, anche la nuova Strategia energetica sarà sottoposta l’anno prossimo a votazione federale. 

E voi che cosa ne pensate? Le vecchie centrali nucleari rappresentano un’ipoteca troppo grande oppure devono restare in funzione fino a quando sono considerate sicure? Partecipate al dibattito lasciando un commento qui sotto. 

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