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Niente IVA leggera per i ristoratori svizzeri

Secondo i dati di Gastrosuisse, gli esercizi take-away dispongono oggigiorno di una parte di mercato di quasi il 18% nel settore della ristorazione. Keystone

Anche in futuro, i ristoranti dovranno sopportare un’IVA tre volte più pesante di quella applicata ai take-away. Oltre il 71% dei votanti e tutti i Cantoni hanno respinto l’iniziativa “Basta con l’IVA discriminatoria per la ristorazione!”, che chiedeva un tasso d’imposizione uguale per tutti i fornitori di derrate alimentari. 

Il settore svizzero della ristorazione, che sta attraversando da anni un periodo difficile, dovrà cavarsela anche in futuro con un’IVACollegamento esterno (Imposta sul valore aggiunto) dell’8%, mentre i take-away e il commercio al dettaglio potranno continuare a beneficiare di un tasso d’imposizione del 2,5%. Il popolo svizzero si è espresso infatti questa fine settimana per un mantenimento del regime fiscale attuale, bocciando l’iniziativa lanciata dall’associazione di categoria dei ristoratori GastrosuisseCollegamento esterno, che chiedeva parità di trattamento. 

Iniziativa di Gastrosuisse 

Firmata da oltre 118’000 cittadini, l’iniziativa “Basta con l’IVA discriminatoria per la ristorazione!” era stata consegnata il 21 settembre alla Cancelleria federale dall’associazione Gastrosuisse. 

Il testo chiedeva di applicare alle prestazioni della ristorazione la stessa aliquota vigente per la vendita di tutti gli altri alimenti, compresi quindi quelli dei take-away e dei commerci al dettaglio. 

Questa disposizione non concerneva le bevande alcoliche e gli articoli di tabacco venduti dalla ristorazione. 

Il governo e quasi tutti i partiti avevano invitano la popolazione a respingere l’iniziativa. Solo l’Unione democratica di centro (destra) e le alcune sezioni cantonali del Partito popolare democratico (PPD) si erano schierate in favore dell’iniziativa di Gastrosuisse.

La maggioranza del popolo si è quindi allineata sulla posizione sostenuta dal governo, per il quale un cambiamento di regime avrebbe avuto conseguenze troppo negative a livello finanziario e sociale. Un alleggerimento dell’IVA per il settore della ristorazione si sarebbe tradotto in perdite fiscali di oltre 700 milioni di franchi. Le misure di compensazione avrebbero penalizzato principalmente il ceto medio e le economie domestiche a basso reddito. 

L’iniziativa aveva ottenuto pochi sostegni, tra cui quelli dell’Unione democratica di centro, di alcune sezioni cantonali del Partito popolare democratico e dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM), che raggruppa le piccole e le medie aziende. Il testo era stato invece bocciato dagli altri partiti, dal Consiglio federale e dalle associazioni dei consumatori. 

Occasione mancata

Il presidente di Gastrosuisse Casimir Platzer non ha nascosto la sua delusione per il risultato del voto. A suo avviso, questa iniziativa ha comunque permesso di mostrare a tutti l’importanza del settore della ristorazione. “Molti svizzeri non sapevano neppure che ristoranti e take-away sono assoggettati a due tassi di IVA diversi”. 

Delusione per l’esito della votazione è stata espressa anche dall’USAM: “Si tratta di un’occasione mancata per rimediare ad alcune distorsioni”, ha sottolineato l’organizzazione. Rammarico è stato infine manifestato pure da parte di Hotelleriesuisse e Parahotellerie Svizzera. 

Stati d’animo diametralmente opposti sull’altro fronte. Secondo Prisca Birrer-Heimo, presidente della fondazione svizzero-tedesca per la tutela dei consumatori SKS, i cittadini non hanno creduto che in caso di accettazione del testo in futuro avrebbero pagato meno al ristorante. “Al contrario, avrebbero dovuto sopportare le conseguenze delle mancate entrate risultanti per le casse statali”.

Distorsione della concorrenza 

Con l’iniziativa “Basta con l’IVA discriminatoria per la ristorazione”Collegamento esterno, Gastrosuisse mirava a contrastare la crescente concorrenza dei take-away e del commercio al dettaglio, che forniscono sempre più le stesse prestazioni dei ristoranti. Già da diversi anni, in seguito ai cambiamenti delle abitudini alimentari, vi è un grande numero di persone che consumano, soprattutto a mezzogiorno, cibi da asporto venduti dai negozi o da esercizi take-away. 

IVA in Svizzera 

La Svizzera figura tra i paesi europei che impongono le aliquote più basse dell’Imposta sul valore aggiunto (IVA). 

La maggior parte dei prodotti sono assoggettati attualmente ad un tasso dell’8%. Un’aliquota speciale del 3,8% viene applicato per il settore alberghiero, che sta attraversando da anni grandi difficoltà. 

Numerosi prodotti considerati di prima necessità o di una certa importanza sociale e culturale – tra cui alimenti del commercio al dettaglio, medicinali, semenze, libri, giornali – sono sottoposti ad un’IVA del 2,5%. 

Sono esentate dal pagamento della tassa diverse prestazioni del settore sociale, sanitario, culturale, educativo e sportivo. 

L’IVA rappresenta la principale fonte di introiti della Confederazione. Nel 2012 ha generato 22,3 miliardi di franchi, ossia oltre un terzo del gettito fiscale.

Ma mentre le pietanze e le bevande analcoliche fornite dai take-away e dal commercio al dettaglio sono assoggettate ad un’IVA del 2,5%, per quelle servite dai ristoranti si applica un’aliquota dell’8%. Questa differenza, che risale all’introduzione dell’IVA in Svizzera nel 1995, aveva innanzitutto come scopo di alleggerire il prezzo delle derrate alimentari del commercio al dettaglio, considerate un bene di prima necessità. 

Ma, da allora, secondo Gastrosuisse, la linea di confine che separa ristoranti, take away e negozi sarebbe scomparsa. L’offerta gastronomica si trova ormai ovunque, non solo nei ristoranti, ma anche in stazioni di servizio, tavole calde dei supermercati, chioschi e panetterie. Per i sostenitori dell’iniziativaCollegamento esterno, il sistema fiscale attuale non distorce solo la concorrenza, ma penalizza ingiustamente un settore, come quello della ristorazione, che occupa circa 215’000 persone. 

Buco finanziario 

Agli occhi degli oppositoriCollegamento esterno, l’iniziativa si spingeva invece troppo lontano, in quanto non esigeva soltanto una parità di trattamento fiscale tra ristoranti e take-away, ma chiedeva anche lo stesso tasso di IVA per le derrate alimentari servite dai ristoranti e per quelle fornite dal commercio al dettaglio. Gli alimenti messi in vendita dal commercio al dettaglio sono un genere di prima necessità: secondo il governo è quindi giusto che vengano tassati con un’aliquota ridotta, affinché possano essere accessibili a tutti. 

Una riduzione dell’IVA per i ristoratori avrebbe inoltre aperto un buco finanziario di 700-750 milioni di franchi all’anno nelle casse federali. Secondo i calcoli del governo, per compensare queste perdite sarebbe stato necessario aumentare al 3,8%  il tasso d’imposizione applicato alle derrate alimentari, ai farmaci, ai libri e ad altri prodotti che godono attualmente di un’aliquota ridotta del 2,5%. Per gli oppositori all’iniziativa, a farne le spese sarebbero state soprattutto le famiglie e le persone con redditi-medio bassi. 

Altri sviluppi

La maggior parte delle economie domestiche avrebbe approfittato solo in misura ristretta di una riduzione dell’IVA versata dai ristoranti, mentre avrebbe pagato molto di più le conseguenze di un aumento del tasso d’imposizione applicato alle derrate alimentari e ad altri beni di prima necessità. Il Consiglio federale aveva tra l’altro espresso dei dubbi sul fatto che i ristoratori avrebbero abbassato i prezzi alla clientela in misura equivalente alla riduzione del loro tasso di IVA. 

Problemi strutturali 

Sempre secondo gli oppositori all’iniziativa, l’abbassamento dell’IVA non avrebbe comunque risolto i problemi del settore della ristorazione, che attraversa da anni un periodo di crisi. Dal 2010, nonostante una discreta crescita dell’economia nazionale e un costante aumento della popolazione, il fatturato del settore della ristorazione ha subito una continua flessione, scendendo da 26 a 23,1 miliardi di franchi. Gli esercizi take-away si espandono invece sempre più: la lora parte di mercato è salita negli ultimi tre anni dal 15,5% al 17,7%. 

Mentre nelle zone periferiche il numero dei ristoranti si riduce di anno in anno, nei centri urbani si assiste invece ad un aumento del numero di esercizi. In base ai dati di Gastrosuisse, oggigiorno oltre il 60% dei ristoranti registra cifre rosse. Queste difficoltà sarebbero dovute principalmente a problemi strutturali del settore, come la liberalizzazione introdotta negli anni ’90, che ha creato un’eccessiva concorrenza tra i ristoratori. 

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