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La diaspora scientifica italiana? Potremmo farci un MIT (in Ticino)

Intervista al professor Michele Parrinello, uno dei massimi esperti in scienze computazionali, premio Dreyfus 2017 nelle scienze chimiche. Nato a Messina, lavora da quasi vent'anni a Lugano.

Michele Parrinello sviluppa metodi e modelli per simulare al computer il comportamento di atomi e molecole che compongono la materia. È uno dei ricercatori più citatiCollegamento esterno in letteratura scientifica e le sue innovazioni gli sono valse, tra gli altriCollegamento esterno, il premio della scienza Marcel Benoist (il “Nobel svizzero”) nel 2011. Nato a Messina, fisico di formazione, è professore ordinario dell’ETH di Zurigo e all’Università della Svizzera italiana.

“Quando ho cominciato a fare questo mestiere c’erano due modi di fare scienza”, rievoca ParrinelloCollegamento esterno. “Quello con le provette e i laboratori, e quello teorico, come Einstein, che con la potenza del suo pensiero e scrivendo delle equazioni è riuscito a cambiare il mondo. Ma con lo sviluppo incredibile dell’informatica è nata una terza maniera di fare scienza, un po’ intermedia”.

Di questa terza via, tutti facciamo esperienza quotidiana: le previsioni meteorologiche sono una simulazione al computer di come evolverà il tempo, effettuata sulla base dei valori attuali di temperatura, pressione, umidità, vento e modelli matematici che descrivono il moto dell’atmosfera.

All’Istituto di scienze computazionaliCollegamento esterno (ICS) -che conta otto professori e una sessantina di ricercatori ed è parte della Facoltà di scienze informaticheCollegamento esterno dell’USICollegamento esterno– si fa la stessa cosa su base microscopica: si simula il comportamento della materia per ricerche nel campo dei materiali e della biologia, in particolare per capire come funzionano le proteine e progettare nuovi medicinali.

L immagine della simulazione di un ventricolo e del suo movimento, ripresa da un computer all Istituto scienze computazionali.
Rappresentazione idealizzata di un ventricolo; potrà aiutare i medici a capire se è opportuno o no l’impianto di un pacemaker e a ottimizzarne la posizione [collaborazione ICS-Cardiocentro]. Archivio RSI

Il lavoro di altri gruppi di ricercaCollegamento esterno dell’ICS tocca ambiti quali l’apprendimento automatico e il riconoscimento facciale (intelligenza artificiale), l’analisi delle serie storiche (statistica), la meccanica del contatto (ingegneria).

Le scienze computazionaliCollegamento esterno sono una materia interdisciplinare e recente. I cosiddetti studi “in silico”, le simulazioni, comportano una mole di calcoli fuori dalla portata umana e sono stati resi possibili dallo sviluppo dei computer. L’ICS, così come MeteoSvizzera, fa affidamento sul Centro svizzero di calcolo scientificoCollegamento esterno (CSCS) e le sue macchine capaci di compiere miliardi di operazioni al secondo.

Il premio della Fondazione Camille e Henry DreyfusCollegamento esterno -con un assegno di 250’000 dollari, una medaglia e una menzione- è stato conferito a Michele ParrinelloCollegamento esterno “per le sue innovative scoperte nel campo delle metodologie di simulazione delle dinamiche molecolari e i relativi studi sui sistemi chimici, materiali e biomolecolari”. La cerimoniaCollegamento esterno di premiazione si terrà il 20 settembre al campus USI di Lugano.

Tvsvizzera.it: Professore, se è possibile simulare il comportamento della materia fin nell’infinitamente piccolo, perché sono necessarie sperimentazioni in vitro e in vivo?

Michele Parrinello: Perché i modelli, le equazioni che noi risolviamo per descrivere il comportamento della materia non sono perfette, sono basate su delle approssimazioni. Poi ci sono dei limiti pratici: per quanto tempo si può simulare e la grandezza dei sistemi che possono essere simulati. D’altra parte la scienza fisica e chimica sono scienze empiriche e quindi fortemente basate sui fatti.

TVS: Lei parla di modelli matematici ed equazioni, ma per fortuna sullo schermo vediamo delle figure.

Dalle simulazioni al computer escono tabelle di numeri, dai quali bisogna estrarre la fisica, capire quello che si fa. La grafica è uno strumento meraviglioso per poter vedere con i propri occhi quello che il modello ci dice che la materia sta facendo. In un certo senso è una forma di microscopia: permette di vedere come si muovono gli atomi con un dettaglio superiore a quello che si può avere nell’esperimento.

TVS: Gli ambiti prediletti suoi e dell’Ics sono la biologia -in particolare per lo sviluppo di farmaci e cure focalizzate sull’individuo- e lo studio dei materiali.

M.P.: Può sembrare un poco “arido”, ma lo sviluppo storico dell’umanità si determina in termini di materiali: età della pietra, età del bronzo, età del ferro e così via. Tutti corrispondono a grandi cambi tecnologici che hanno prodotto delle cose importanti per la maniera in cui viviamo ogni giorno. Ora ci sarà, non so, l’età della plastica, l’età del silicio; sarà interessante sapere quali saranno i prossimi materiali. Molti pensano che il grafene sia importante per il futuro, ma predire il futuro è difficile.

Michele ParrinelloCollegamento esterno (1945) si è laureato in fisica all’Università di Bologna nel 1968. Co-autoreCollegamento esterno del metodo Car-Parrinello per la simulazione informatica dei movimenti degli atomi e delle molecole, è tra i ricercatori più citatiCollegamento esterno nella letteratura scientifica. Ha ricevuto molti riconoscimenti internazionaliCollegamento esterno. È membro, tra le altre, dell’American Physical Society e della Royal Society (Regno Unito), Socio corrispondente dell’Accademia Nazionale dei Lincei. A Lugano, prima di approdare all’ICS, ha diretto il CSCS.

TVS: Dopo gli studi e un lavoro da assistente in Italia, lei ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti e in Germania, e ha infine scelto di stabilirsi nella Svizzera italiana. Perché?

M.P.: Le condizioni di lavoro in Italia non sono confrontabili a quelle che può offrire la Svizzera, paese che conoscevo bene e del quale apprezzavo molte cose perché ero stato per diversi anni a Zurigo. La Svizzera italiana era un compromesso fra non dover rinunciare a fare ricerca di punta e tornare nell’alveo della mia cultura, italiana.

Questo è un grande “asset” del Canton Ticino. Io dico sempre che qui si potrebbe fare un MIT [Massachussets Institute of Technology, università di ricerca conosciuta in tutto il mondo, ndr], se ci fossero il coraggio e i soldi. Il Ticino è molto attraente per la diaspora scientifica italiana e più in generale per la qualità della vita, che qui è molto alta: anche un tedesco, un francese, un americano si trovano bene qui.

TVS: Parla di “diaspora scientifica italiana”. È tutta riconducibile alle condizioni per i ricercatori o c’è anche la semplice ambizione di un’esperienza di vita e lavoro altrove?

M.P: Io ricado in questa categoria, perché quand’ero in Italia avevo un buon posto di professore universitario alla SISSACollegamento esterno a Trieste e sentivo la necessità di nuovi orizzonti. Ma per un giovane oggi in Italia la vita è abbastanza grama. Spesso i finanziamenti arrivano col contagocce e le possibilità di trovare un lavoro sono scarse, si rimane parcheggiati per anni in un posto temporaneo o al servizio di qualche barone [docenti universitari che, sfruttando la loro posizione e le loro relazioni, esercitano un vero e proprio potere, ndr] e manca la possibilità di crescere come persona indipendente.

Detto questo, i laureati delle Università italiane (i migliori, perlomeno) hanno ancora oggi una preparazione confrontabile o superiore a quella che si trova in ragazzi che vengono dal resto d’Europa o dagli Stati Uniti.

TVS: A proposito: una caratteristica dei team di ricercaCollegamento esterno è la multiculturalità. È davvero importante o è un cliché?

M.P.: Ci sono due aspetti importanti, che rendono attraente la mia professione. A parte naturalmente il soggetto (a me piace la scienza), uno è che si è sempre in contatto coi giovani (e questo fa bene all’animo, mantiene giovane anche te), l’altro che si incontrano persone di tutto il mondo.

I sapienti dei secoli passati si scrivevano per tutta l’Europa. Allora non ci si muoveva, si scrivevano lettere in latino, ma questo aspetto internazionale esiste sin dagli inizi della scienza moderna. Un premio Nobel famoso, Abdus Salam, pakistano, diceva: “di fronte alla lavagna siamo tutti uguali”.


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