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La Svizzera e il lucroso affare delle materie prime minacciato dal conflitto ucraino

Operazioni di trading a Zurigo.
Keystone / Martin Ruetschi

Le sanzioni contro la Russia si ripercuotono sul commercio delle materie prime che in Svizzera ha uno dei suoi centri nevralgici a livello mondiale ed è fonte di floride attività.

I loro nomi sono meno noti di colossi elvetici più blasonati, ma le aziende di trading valgono quasi il 4% del PIL della Confederazione, e sono saldamente in cima alla classifica delle imprese svizzere con maggior fatturato.

L’attività di compravendita non è direttamente colpita dalle sanzioni imposte alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, ma le imposte alle  transazioni bancarie e i limiti alle importazioni si ripercuotono anche sull’attività di compravendita e sui suoi centri elvetici: Ginevra, Zugo e Ticino

Vi sono però impatti significativi anche in Sudamerica, dove le sanzioni e il conflitto ha conseguenze sulla coltivazione di cereali e la crescente richiesta mondiale si scontra con una serie di problemi.

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Un problema avvertito a livello regionale anche in Ticino, dove vi sono una ventina di società attive nella compravendita di materie prime dalla Russia o dall’Ucraina e che ora si trovano ora in gravi difficoltà. “Posso purtroppo dire che alcune sono a rischio di chiusura, liquidazione, fallimento”, afferma Marco Passalia, segretario generale di Lugano Commodity Trading AssociationCollegamento esterno, sottolineando che alcune di queste aziende “sono anche importanti in termini di posti di lavoro, di indotto generato ma anche di competenze”.

I problemi che le investono sono legati alle sanzioni antirusse e alle “interpretazioni delle sanzioni che hanno non solo le aziende, ma anche gli istituti bancari che finanziano le operazioni” e che sono “molto, molto più restrittivi rispetto alle sanzioni”. Resta quindi il problema di riuscire a “performare i contratti”, di riuscire a “trasportare queste materie da queste zone in conflitto dove c’è domanda”.

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