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Quo vadis? Nell’Ue nessuno vuole ospitare i migranti

Ecco da dove vengono i migranti di Laura Canali

di Giorgio Cuscito (Limes)

I ministri degli Interni dei paesi dell’Ue riunitisi in Lussemburgo il 16 giugno si sono incontrati per discutere del piano di distribuzione tra gli Stati membri dei migrantiCollegamento esterno provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente.

La questione riguarda direttamente l’Italia, poiché si trova al centro del Mar Mediterraneo, a soli 350 chilometri dalle coste della LibiaCollegamento esterno, dove è in corso la guerra civile.

Secondo il piano di distribuzione proposto dalla Commissione europea, i 40 mila migranti “in chiaro bisogno di protezione internazionale” (per l’Ue solo siriani ed eritrei) presenti in totale in Italia e Grecia dovrebberoCollegamento esterno essere ripartiti tra gli Stati membri in base a criteri come pil, popolazione, livello di disoccupazione e numero di rifugiati già presenti. Francia e Germania dovrebbero accoglierne circa il 30% e per questo hanno chiesto una più equa suddivisione degli oneri. In base alla proposta, Regno Unito e Irlanda, se volessero, potrebbero non partecipare. Cosa invece certa nel caso della Danimarca, che beneficia di una clausola di esclusione. Alcuni paesi tra cui Spagna e Polonia hanno sollevato dubbiCollegamento esterno sull’attuale piano di distribuzione. Ad ogni modo la proposta della Commissione europea specifica che la distribuzione dei migranti da parte degli Stati membri è su base volontaria.

Le difficoltà nel risolvere l’emergenza umanitaria sono state acuite dal fatto che nelle ultime settimane Francia, Austria e Svizzera hanno rafforzato i controlli al confine con lo Stivale, impedendo ai migranti di entrare nel loro territorio.

Giorni di tensione ci sono stati a VentimigliaCollegamento esterno, al confine con il paese transalpino, dove circa 200 migranti, la maggior parte provenienti da Eritrea, Sudan e Libia sono stati respinti. Secondo Roma, l’atto è contrario all’accordo di SchengenCollegamento esterno, che consente la libera circolazione delle persone all’interno degli Stati membri dell’Ue.

La Francia non ha formalmente sospeso l’accordo. Tuttavia, anziché effettuare controlli a campione, Parigi sta monitorando in maniera costante coloro che varcano la frontiera, bloccando e riaccompagnando in Italia gli stranieri irregolari, come previsto dall’accordo di italo-francese di ChambéryCollegamento esterno del 1997. Di fatto questo trattato è stato firmato per impedire che immigrati clandestini approfittino del trattato di Schengen per circolare in Europa. L’Italia intrattiene accordi simili anche con Austria e Svizzera, che in questi giorni stanno compiendo il medesimo monitoraggio alle frontiere.

Secondo la convenzione di DublinoCollegamento esterno, i rifugiati devono chiedere asilo nel primo paese d’ingresso in Europa. Questo principio ovviamente riguarda da vicino gli Stati in cui approdano le centinaia di migranti dall’Africa e dal Medio Oriente che fuggono dalla guerra e dalla povertà.

A tal proposito, basti pensare alle condizioni in cui vertono LibiaCollegamento esterno, SomaliaCollegamento esterno (dove opera al Shabaab), Siria (in piena guerra civile e dove è attivo lo Stato IslamicoCollegamento esterno), Sierra Leone, MaliCollegamento esterno, Senegal, Gambia, Costa d’Avorio, Etiopia, EritreaCollegamento esterno e Bangladesh. Da questi paesi sarebbero provenuti alcuni dei migranti protagonisti del tragico naufragioCollegamento esterno dello scorso aprile, in cui si teme siano morte oltre 800 persone.

Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, nel 2015Collegamento esterno oltre 100 mila persone hanno attraversato il Mar Mediterraneo per raggiungere l’Europa. Di queste 54 mila sono sbarcate in Italia, 48 mila in Grecia, 91 a Malta e 920 in Spagna. Nel 2014Collegamento esterno, 219 mila persone hanno attraversato il Mar Mediterraneo. Almeno 3.500 sono morte in queste acque.

Risolvere l’emergenza umanitaria è una priorità non solo per i paesi dell’Europa del Sud ma anche per quelli che si trovano al Nord, per esempio Germania, Svezia, Norvegia e Gran Bretagna, dove i migranti intendono recarsi in cerca di condizioni di vita migliori.

La scelta di Francia, Austria e Svizzera di impedirne il passaggio e le difficoltà nel trovare un accordo sulla distribuzione dei rifugiati evidenzia le difficoltà incontrate dai paesi dell’Unione Europea nel trovare una strategia comune per far fronte a questi problemi.

Il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi ha dettoCollegamento esterno: “Se il Consiglio Europeo sceglierà la solidarietà, bene. Se non lo farà, abbiamo pronto il piano B, ma sarebbe una ferita innanzitutto per l’Europa”. Il piano B, secondo il Corriere della SeraCollegamento esterno, comprenderebbe la fornitura di permessi temporanei ai richiedenti asilo per permettere loro di varcare la frontiera e circolare nell’Ue. Il ministro degli Interni italiano Angelino Alfano ha detto che tale soluzione non è stata propostaCollegamento esterno.

Il contesto libico

La crisi che ha reso più massiccio il flusso di migranti diretti in Europa è proprio quella in corso in Libia, dove quattro anni faCollegamento esterno la Nato è intervenuta per aiutare i ribelli a rovesciare il regime del colonello Muammar Gheddafi. Oggi l’ex colonia italiana è uno Stato fallito dove i due governi rivali di Tobruk (a Est, guidato da Abdullah al-Thani, risultante dalle elezioni dello scorso giugno e riconosciuto internazionalmente) e di Tripoli (a Ovest, guidato da Omar al-Hassi, nato con la precedente assemblea transitoria) si scontrano per il controllo del territorio.

In più, diverse organizzazioni criminali e terroristiche operano nell’ex colonia italiana approfittando di e contribuendo all’instabilità del paese. Mesi fa, alcuni gruppi jihadisti hanno dichiarato la loro affiliazione allo Stato Islamico, ma non è chiaro quanto sia stretto il legame con il nucleo che opera in Siria e in Iraq. Quel che è certo è che l’Is non controlla la Libia e deve convivere con altri gruppi terroristici.

Le organizzazioni criminali attive nell’ex colonia italiana si servono anche del traffico di esseri umani per finanziare le loro altre attività.

La distruzione dei barconi

A maggio l’alto rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza dell’Ue Federica Mogherini ha anche presentatoCollegamento esterno al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite un piano per identificare, catturare e distruggere sistematicamente i barconi usati dai trafficanti di esseri umani in Libia prima che questi vi salgano a bordo.

Si tratta di una strategia rischiosa, perché le imbarcazioni utilizzate sono comuni pescherecci ormeggiati nei porti ed è piuttosto complicato capire il momento in cui sono acquistati dai trafficanti e utilizzati per trasportare i migranti in Europa. Quindi c’è il rischio che questa missione mieta vittime innocenti. Senza contare che per condurla bisognerebbe avere l’appoggio del governo libico.

Il problema è che schierarsi con quello internazionalmente riconosciuto di Tobruk (come stanno facendo Occidente e, tra gli altri, Emirati Arabi Uniti ed Egitto) non agevola il faticoso dialogoCollegamento esterno con Tripoli. Quest’ultimo è indispensabile perché in Libia si formi un governo d’unità nazionale che conferisca stabilità al paese e argini il flusso di migranti.

Il vertice del Consiglio Europeo fissato per il 25-26 luglio dovrebbe offrire una visione più chiara di quello che farà – o non farà – l’Ue per risolvere l’emergenza umanitaria in corso.

Per approfondire: Il dovere di accogliere i migrantiCollegamento esterno

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