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Anni di piombo, “In Ticino si conosce solo la punta dell’iceberg”

Le auto crivellatr di colpi in Via Fani durante il sequestro Moro
Le auto crivellate di colpi in Via Fani durante il sequestro Moro Keystone

Durante gli anni di piombo la Confederazione, in particolare il Cantone Ticino, è stata crocevia di terroristi ed estremisti di ogni colore.

Non tanto per obiettivi specifici che potevano interessare all’eversione – tanto è vero non vi sono stati attentati sul suolo cantonale negli anni ’70 e ’80 – quanto per l’esigenza di costituire basi logistiche in quella che fungeva da retrovia rispetto ai fronti aperti nei paesi vicini.

“Il Ticino ha svolto essenzialmente un ruolo di rifugio”, dice Paolo Bernasconi, procuratore pubblico dal 1969 al 1985 a Lugano. Un luogo dove si nascondono i latitanti e “dove si cerca di organizzare strutture che servono per attività finanziarie illegali”, che si riassumono essenzialmente in operazioni di riciclaggio dei proventi dei riscatti e delle rapine che venivano commesse oltre frontiera. Riguardo al primo aspetto Paolo Bernasconi ricorda i soggiorni del ricercato Toni Negri a Carona (Lugano) e di Valerio Morucci nel Locarnese.

“Il Ticino ha svolto essenzialmente un ruolo di rifugio per i terroristi stranieri”

Luogo di transito di varie formazioni terroristiche

Nel cantone sudalpino transitarono anche i militanti di altre formazioni eversive, come le tedesche Rote Armee Fraktion, cellule terroristiche palestinesi e addirittura le Squadre d’Azione Mussolini. “In realtà del ruolo del territorio ticinese si sa molto poco, quello che è emerso era solo la punta dell’iceberg”, rivela ora l’ex procuratore pubblico sottocenerino.

In Ticino sono passati personaggi apparentemente minori ma che sono stati al centro di importanti vicende giudiziarie italiane. “Qui è stato arrestato il trio che era in Svizzera per riciclare i soldi del sequestro di un poveraccio, un loro amico”, ci dice Paolo Bernasconi, riferendosi alla cattura del controverso personaggio Carlo Fioroni con due suoi compagni il 16 maggio 1975 a Bellinzona mentre tentava di cambiare in banca 67 milioni del riscatto di Carlo Saronio, suo ex amico benestante morto nel corso del rapimento (il caso nella ricostruzione video della RAI).Collegamento esterno

Ma, aggiunge sempre Bernasconi, “avevamo arrestato un altro terzetto riconducibile alle RAF che girava per Lugano per cercare di riciclare il riscatto del sequestro dell’industriale Walter Michael Palmers”. E il Ticino è stato territorio di infiltrazione anche di terroristi italiani di estrema destra, durante il periodo della cosiddetta strategia della tensione: in proposito gli inquirenti cantonali hanno svolto “indagini complicate”- mai venute veramente alla luce – per individuare i covi in cui venivano ospitati questi personaggi.

“La mia regola era quella di estradare il più presto possibile i latitanti”

Anche perché la politica adottata dalla procura ticinese era quella di circoscrivere il più possibile i rischi sul suolo svizzero. “La mia regola allora, come procuratore pubblico a Lugano, era quella di estradare il più presto possibile i latitanti poiché in caso contrario avremmo dovuto mettere in campo misure di sicurezza eccezionali durante l’eventuale processo e in seguito, dopo le condanne, attorno ai penitenziari per prevenire attentati”, spiega Bernasconi.

Terrorismo palestinese

Le stesse autorità federali sembra che abbiano adottato strategie analoghe nel caso del gruppo di palestinesi catturati dopo essere entrati a piedi in Ticino con esplosivo. Avevano tutti una borsa rossa in cui tenevano le granate e gli inquirenti li aspettavamo in dogana da dove transitavano da soli per non dare nell’occhio. “Li abbiamo consegnati a Berna e poi non se n’è saputo più nulla”, precisa l’ex procuratore luganese, lasciando intendere che verosimilmente sono stati a loro volta espulsi.

In proposito va ricordato che alcuni anni prima la Confederazione era già stata teatro, in modo più o meno diretto, di attentati di matrice palestinese: il 18 febbraio 1969 quattro terroristi spararono contro un velivolo della compagnia aerea israeliana El-Al Collegamento esternoall’aeroporto di Zurigo-Kloten uccidendo il pilota. Il 21 febbraio 1970, una bomba nascosta nel vano dei bagagli a mano di un aereo Swissair diretto a Tel Aviv con 47 persone a bordo esplose in volo, schiantandosi nei boschi attorno a Würenlingen (Canton Argovia).Collegamento esterno

Sei mesi dopo, il 7 settembre 1970 tre commando del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (FPLP) dirottarono tre aerei di linea internazionali, tra cui un DC-8 della Swissair, nei pressi della città di Zarka, nel nord della Giordania. Secondo rivelazioni che non hanno mai potuto essere provate, proprio nel settembre del 1970 sarebbe stato raggiunto un accordo tra Berna e OLP per togliere la Confederazione dagli obiettivi dei terroristi palestinesi. Nessuno dei presunti autori della strage di Würenlingen è stato processato e gli ostaggi di Zarka furono liberati.    

Un processo in Ticino 

Alla fine si è tenuto un solo processo nella Svizzera italiana per fatti di terrorismo durante gli anni di piombo, quello celebratosi alle Assise criminali di Locarno nel 1981 – sfociato in cinque condanne a pene detentive tra i 2 anni e 7 mesi a 8 mesi – a fiancheggiatori ticinesi che avevano fornito supporto logistico e trafugato materiale dell’esercito svizzero tra il 1972 e il 1973 in favore di movimenti clandestini di estrema sinistra italiani.

“Il procuratore di Treviso Calogero mi disse che gruppi di estrema sinistra ticinesi si stavano militarizzando”

Il caso era venuto alla luce, ci dice l’ex procuratore Paolo Bernasconi, dopo che “ero andato di mia iniziativa e senza informare la polizia a parlare con il procuratore della Repubblica di Treviso Pietro Calogero che disse che c’erano delle frange nei gruppi di estrema sinistra che si stavano militarizzando e diventavano pericolose per l’ordine pubblico”.

In quell’occasione l’ex magistrato ticinese ottenne i verbali delle indagini condotte nel Veneto che coinvolgevano elementi ticinesi. Verbali che per competenza territoriale Paolo Bernasconi ha trasmesso ai colleghi della Procura del Sopraceneri che ha poi istruito quel processo.  

Il caso Lojacono Baragiola legato anche al sequestro Moro

Un discorso a parte merita la vicenda dell’ex brigatista rosso Alvaro Lojacono Baragiola. Condannato a 16 anni per l’omicidio dello studente greco Miki Mantakas e all’ergastolo in contumacia al processo Moro quater per l’agguato di Via Fani – con Alessio Casimirri avrebbe bloccato le auto del presidente della DC e della sua scorta – è riparato in Ticino, acquisendo la cittadinanza elvetica (e il cognome) della madre.

Nella Confederazione l’ex membro della colonna romana delle BR è stato a sua volta arrestato nel 1988 e condannato per l’omicidio del giudice Girolamo Tartaglione a 17 anni. Ma nel contempo le autorità svizzere, che non concedono l’estradizione di loro cittadini, hanno archiviato il procedimento a suo carico per il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro e ora nella Confederazione non ha più pendenze con la giustizia. Ma in questo caso il filone elvetico è solo un riflesso di eventi ideati, eseguiti ed esauritisi interamente in Italia.  

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