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L’ira di Trump contro gli sportivi americani

"Grande solidarietà per il nostro inno nazionale e per il nostro Paese. Stare in ginocchio è inaccettabile": così il presidente americano Donald Trump replica su Twitter all'ondata di proteste sui campi di football americano.

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“Patrioti coraggiosi hanno combattuto e sono morti per la nostra grande bandiera, dobbiamo onorarli e rispettarli” aggiunge Trump. 

“Se Trump pensava di dividere la Nfl si sbagliava di grosso”, hanno replicato i responsabili della lega professionistica del football americano dopo che ieri quasi tutte le squadre scese in campo per la giornata di campionato hanno sfidato il presidente americano inginocchiandosi al momento dell’inno americano o addirittura restando negli spogliatoi.

Un nuovo eroe

In America sport e lotta per i diritti civili sono sempre andati a braccetto, soprattutto quando si parla di lotta alle discriminazioni razziali. Ora la comunità afroamericana sembra aver trovato un nuovo idolo, un nuovo ‘supereroe’ che si batte come un leone sui prati da football ma anche nella vita privata, per sostenere i più deboli e per denunciare le violenze della polizia. È Colin Kaepernick, quarterback dalla pelle nera per anni punto di riferimento dei San Francisco 49ers. Da un anno senza contratto, da quando scoppio’ la prima polemica con l’allora candidato alla Casa Bianca Donald Trump.

Kaepernick non è forse un fuoriclasse come altre stelle afroamericane dello sport – come LeBron James o Stephen Curry – ma il suo impegno e quel gesto di inginocchiarsi in segno di protesta durante l’inno nazionale ricordano le epiche battaglie di Muhammad Ali o il pugno chiuso dei velocisti Tommie Smith e John Carlos sul podio delle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968. Quella di inginocchiarsi un anno fa per esprimere solidarietà al movimento ‘Black Lives Matter’ fu un’immagine forte, nel corso dei mesi seguita da molti altri campioni del football. Lui, 30 anni, barba e una foltissima capigliatura in stile afro, è diventato da allora un simbolo, un esempio.

Anche il baseball si ribella

Anche il mondo del baseball, lo sport più popolare in America, si schiera contro il presidente Usa Donald Trump. E compatto appoggia Bruce Maxwell, giocatore afroamericano degli Oakland Athletics diventato sabato sera il primo della Mlb (la lega professionistica del baseball americano) a inginocchiarsi durante l’esecuzione dell’inno nazionale. Ripetendo così il gesto oramai simbolico in segno di protesta contro la violenza della polizia sui neri.

“Il razzismo nel sud degli Stati Uniti è ancora disgustoso”, ha denunciato Maxwell. Accanto a lui il compagno di squadra Mark Canha, bianco, gli ha messo una mano sulla spalla in segno di solidarietà per quella battaglia iniziata un anno fa dalla star del football Colin Kaepernick.

La Mlb, ha quindi rilasciato una dichiarazione in cui non attacca direttamente il presidente americano, ma in cui afferma di “rispettare e sostenere i diritti costituzionali e la libertà di espressione di tutti i suoi giocatori”. Trump è tornato a dire oggi che i giocatori che non cantano l’inno devono essere licenziati.



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