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Decreto anti-islamici, sospensione confermata

La Corte federale di San Francisco ha confermato all’unanimità ieri sera la sospensione del decreto di Trump contro i cittadini di sette paesi musulmani ritenuti a rischio ai quali sono stati revocati i visti d’ingresso negli Stati Uniti per tre mesi (quattro per i profughi).

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Per i tre giudici californiani nel ricorso urgente dell’amministrazione federale non è stata fornita la prova del fatto che la bocciatura temporanea del provvedimento governativo arrechi grave minaccia alla sicurezza nazionale” e più precisamente che un cittadino di Iraq, Iran, Libia, Somalia, Yemen, Siria e Sudan abbia compiuto un attentato in passato negli Stati Uniti

Confermato il verdetto di Seattle

A Donald Trump ora non resta che adire la Corte Suprema che però, alla luce anche dei recenti attacchi pesanti da parte del neo presidente alla magistratura, accusata di essere politicizzata, potrebbe verosimilmente ribadire i verdetti dei gradi precedenti.

Il decreto del 27 gennaio era stato bloccato provvisoriamente venerdì scorso da un giudice di Seattle chiamato a esaminare l’opposizione al decreto federale da parte del responsabile della giustizia dello Stato di Washington. Orientamento che è stato ribadito dai giudici d’appello di San Francisco.

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Telefonata Trump-Xi Jinping

Per rifarsi dai guai interni Donald Trump ha avuto un colloquio telefonico con il presidente cinese Xi Jinping, al quale il miliardario newyorkese ha manifestato l’intenzione di proseguire nella tradizionale politica americana che riconosce una sola Cina unita e correggendo così sue precedenti mosse che avevano fatto discutere.

A poco meno di un mese dalla sua elezione Donald Trump aveva infatti telefonato alla presidente di Taiwan Tsai Ing-wen, mandando su tutte le furie i dirigenti di Pechino.

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