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Accordi commerciali, occorre la ratifica dei 28

Una sentenza della Corte di giustizia europea potrebbe complicare la stipula di accordi commerciali da parte dei vertici dell’Unione europea.

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I giudici di Lussemburgo, chiamati a pronunciarsi sull’intesa di libero scambio con Singapore non ancora entrato in vigore, hanno stabilito che sulla questione devono potersi esprimere anche tutti e 38 i parlamenti nazionali e regionali dei paesi membri.

La competenza sulle materie regolate, ha osservato la corte europea, è mista: gli investimenti stranieri non diretti nei portafogli delle società e il sistema di corte di arbitrato riguardano anche le prerogative dei singoli Stati che devono quindi ratificare i patti commerciali concordati dalla Commissione Ue.

L’impatto della decisione di Strasburgo non è ancora del tutto chiara. Sicuramente la sentenza segna una vittoria per i movimenti anti-TTIP e anti-CETA che si sono mobilitati contro le intese con Stati Uniti e Canada, ritenute dannose per consumatori e economie locali.

Ma d’altro canto si potrebbe aprire la strada a intese di libero scambio meno articolate e snelle approvate solo dall’Ue e ad accordi separati con i singoli Stati membri su determinate materie (investimenti di portafoglio, corti arbitrali).

Del resto proprio il recente caso dell’accordo CETA con il Canada, che vide la strenua opposizione del parlamento della regione belga della Vallonia, costituisce un precedente interessante visto che nel dubbio la Commissione europea aveva chiesto la ratifica dei parlamenti locali.

In proposito saranno un importante test le future intese con Giappone e Regno Unito dopo la Brexit.

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