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Nelle Alpi nevica anche plastica

mucca con montagne in secondo piano
Il rischio è che le microplastiche, oltre ad inquinare il suolo, finiscano nella catena alimentare. Keystone / Christian Bruna

Quarantadue chilogrammi per chilometro quadrato: è la quantità di nanoplastiche raccolte dai ricercatori del Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca (Empa) di Dübendorf su una vetta austriaca.

“La diffusione delle nanoplastiche nell’aria è un problema più diffuso di quanto si pensasse”, scrive l’Empa martedì in un comunicatoCollegamento esterno.

Misurazioni effettuate in Austria, nei pressi dell’Osservatorio del Sonnenblick, situato a 3’106 metri sopra il livello del mare, evidenziano che ogni anno a quell’altitudine si depositano circa 42 chili di nanoplastiche al chilometro quadrato. Prima di finire lassù, alcune particelle hanno percorso fino a 2’000 chilometri.

Fino a 3’000 tonnellate all’anno in tutta la Svizzera

Ciò significherebbe che ogni anno finirebbero sul suolo dell’intera Svizzera (41’000 km2) fino a 3’000 tonnellate di questi materiali.

Lo studio – pubblicato sulla rivista Environmental PollutionCollegamento esterno – è stato condotto da Dominik Brunner, ricercatore presso il Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca (Empa), insieme a colleghi dell’università di Utrecht (Paesi Bassi) e del Servizio meteorologico e geofisico austriaco.

I ricercatori si sono concentrati su una piccola area di alta montagna, situata nel Parco nazionale Alti Tauri, dove dal 1886 sorge un osservatorio dell’Istituto centrale di meteorologia e geodinamica, riferisce l’Empa.

Ogni giorno alle 8.00 del mattino, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche, hanno rimosso parte dello strato superiore di neve in una zona delimitata, raccogliendo minuscole particelle di plastica. Hanno in seguito potuto risalire alla loro origine facendo capo ai dati meteorologici, in particolare quelli relativi al vento.

Trasportate anche per oltre 2’000 km

Circa il 30% delle nanoplastiche proveniva da un raggio di 200 chilometri, principalmente dalle città. Ma ci sono indicazioni che sono arrivate fino lassù anche particelle provenienti dall’Atlantico e finite nell’aria attraverso gli spruzzi delle onde. Il 10% sarebbe stata trasportata dal vento per oltre 2000 chilometri.

Le nanoplastiche sono il risultato dell’abrasione dei rifiuti e sono così minuscole e leggere che il loro movimento nell’aria può essere paragonato a quello di un gas, rileva l’Empa. Brunner e i suoi colleghi hanno sviluppato un metodo chimico che determina la contaminazione dei campioni utilizzando uno spettrometro di massa.

Secondo l’Empa, con questo studio è stata realizzata la misurazione più accurata di sempre dell’inquinamento dell’aria da parte di nanoplastiche. I risultati – sottolinea comunque il laboratorio – “seppur molto elevati rispetto ad altri studi, devono essere verificati tramite ulteriori ricerche”.

Dominik Brunner aggiunge inoltre che 42 chilogrammi di nanoplastica per chilometro quadrato all’anno possono sembrare molti per un picco alpino, ma in realtà i dati raccolti si situano in una forchetta che va da 17 a 74 chilogrammi.

Secondo gli autori, mentre si moltiplicano i risultati di studi sulle microplastiche, quelli sulle nanoplastiche sono ancora molto carenti. Si stima che finora nel mondo siano state prodotte oltre 8300 milioni di tonnellate di plastica, il 60% delle quali è oggi un rifiuto.

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