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Disabili penalizzati, bufera sulla Scuola Svizzera a Milano

La Scuola Svizzera di Milano è al centro delle polemiche. L'istituto, presente nel capoluogo lombardo da quasi un secolo, è accusato di discriminazione per aver adottato, nel maggio scorso, un nuovo regolamento che definisce la Scuola "non ottimale" per gli alunni con problemi di apprendimento e disabilità. L'Ufficio federale della cultura ha intanto preso le distanze e ha chiesto alla scuola di modificare il suo regolamento.

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Il presidente della SSMCollegamento esterno, l’avvocato Luca Corabi De Marchi, ai microfoni RSI si difende affermando che si tratta di un consiglio alle famiglie e di aver voluto essere chiaro con i genitori degli alunni sulle difficoltà del percorso scolastico, basato sull’insegnamento di più lingue.

La Scuola svizzera, precisa inoltre in una nota, “accoglie tutti coloro che vogliano seguire il nostro percorso formativo a condizione che la loro conoscenza della lingua tedesca sia sufficiente. Tra i nostri allievi ci sono sempre stati, e ci sono anche attualmente, studenti autistici, dislessici o affetti da discalculia in percentuali del tutto assimilabili a quelle delle scuole pubbliche”.

Giovanni Merlo, direttore della Lega per i diritti delle persone con disabilità (LEDHA), però, attraverso le pagine di Repubblica, sottolinea che in Italia “esiste una legge sulla inclusione scolastica che vieta le discriminazioni e dimostra che si cresce meglio tutti insieme, ognuno con le sue differenze”.

Merlo stigmatizza il nuovo regolamentoCollegamento esterno [cfr. art 2.5, ndr] che sconsiglia la Scuola svizzera “a studenti affetti da disturbi dell’apprendimento, quali: dislessia, discalculia, Adhs, Sindrome di Asperger, autismo e disturbi comportamentali”.

Queste patologie, ricorda Merlo, “sono molto più diffuse di quanto si pensi”: in Italia – si legge sul quotidiano – soffre di disturbi dell’apprendimento il tre per cento della popolazione, due milioni di persone. Trecentocinquantamila sono studenti.

L’Ufficio federale della cultura ha dal canto suo preso le distanze. “Si tratta di un’iniziativa della scuola e non del nostro ufficio o della Confederazione, ha dichiarato alla RSI il portavoce dell’Ufficio federale della cultura Daniel Menna. Si tratta di una direttiva che il nostro ufficio proprio non può sostenere. La Svizzera è contraria a ogni tipo di discriminazione e questo vale in particolar modo nell’insegnamento. Abbiamo la legge sui disabili, nella quale è stipulato che i fanciulli e gli adolescenti disabili possano beneficiare di una scolarizzazione adeguata alle loro esigenze specifiche. Sono regole che valgono in Svizzera ma anche all’estero per quelle scuole sostenute finanziariamente dalla Confederazione”. 

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