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‘Ndrangheta, dubbi su società a Leggia e Lugano

Dall'Aspromonte alla Mesolcina? wikipedia/Adrian Michael

C’è sconcerto nella Svizzera italiana per le notizie riportate negli scorsi giorni da alcuni organi di stampa, in particolare "Il Fatto Quotidiano" e "Corriere della Sera", di presunte infiltrazioni del clan calabrese dei Papalia nella Confederazione.


E già sono iniziate le prime reazioni del mondo politico locale con prese di posizione e atti parlamentari che chiedono di fare luce sulle attività di esponenti collegati con la cosca originaria di Platì (Reggio Calabria).

Interpellanza al governo e segnalazione alle autorità cantonali

Allo stato attuale, ha riferito la Procura federale interpellata da La Regione Ticino, non vi sono indagini in corso nella Confederazione e le operazioni societarie svolte dai personaggi chiamati in causa dai media italiani non hanno apparentemente nulla di illegale. Ma alcune coincidenze hanno dato adito a sospetti tanto da aver suscitato un’interpellanza del deputato supplente del circolo di Mesocco Hans Peter Wellig al governo grigionese sull’insediamento nella regione di società bucalettere di dubbia origine gestite da fiduciarie. E lo stesso municipio di Grono, che ha discusso della questione nella sua seduta di martedì, ha deciso di effettuare una segnalazione ai dipartimenti degli interni dei cantoni Ticino e Grigioni.

Intrecci sospetti

A destare perplessità sono soprattutto gli intrecci familiari e societari e le attività imprenditoriali in Svizzera che fanno capo a figure preminenti della famiglia calabrese. In particolare ad attirare l’attenzione sono due società collegate a vario titolo con Rosanna Papalia, figlia del boss Rocco Papalia, e al marito Giuseppe Pangallo, ritenuto uomo di assoluta fiducia del potente suocero. 

Di una, costituita a Leggia, minuscola frazione di Grono (Grigioni) e attiva nel settore alimentare, è amministratrice la stessa secondogenita del boss ‘ndranghetista insieme a Rocco Sergi (socio senza firma) di Platì, a sua volta cugino del marito Giuseppe Pangallo. In un’informativa della polizia giudiziaria riportata dal Fatto Quotidiano risulta che il Sergi sia anche socio della srl milanese Al Peperoncino, considerata “uno strumento di facciata voluto da Giuseppe Pangallo per gestire alcuni ristoranti tra Motta Visconti e Rozzano” in cui gli inquirenti sospettano che siano stati investiti i proventi del clan.

Amministratore-autista condannato per truffa

Ma vi è anche un’impresa di costruzioni luganese di cui sono stati amministratori, fino a pochi mesi fa, Pier Giuseppe Bari, arrestato nel 2009 dalla Mobile di Milano nell’ambito di un’inchiesta su una truffa milionaria ai danni di istituti di credito e la moglie. Il primo assunse nella ditta ticinese Giuseppe Pangallo quando fu assolto in appello dalle accuse di traffico di droga e gli ha affittato una villa a Menaggio sul lago di Como dove ora vive. In realtà da documenti d’inchiesta risalenti a una decina d’anni fa si evince che l’architetto di tutte queste operazioni sia lo stesso Pangallo, di cui il Bari sembra essere più che altro l’autista.

Scarcerazione del boss

Rocco Papalia, nato a Platì (Reggio Calabria) 66 anni fa, è stato condannato a complessivi 124 anni di carcere per sequestro di persona, traffico di droga e omicidio. Negli anni settanta con i fratelli Domenico e Antonio, si trasferi dall’Aspromonte e spodestò le cosche rivali in Lombardia. È stato scarcerato in virtù dei benefici concessi dall’ordinamento penitenziario e sottoposto a sorveglianza speciale per tre anni.  

Ma a collegare la cosca dei Papalia a Lugano e alla sperduta frazione montana di Leggia c’è un’altra significativa coincidenza. Il boss Rocco Papalia, scarcerato dopo 26 anni lo scorso 5 maggio, ha ricevuto nelle scorse settimane ripetute visite di personaggi giunti al suo domicilio a Buccinasco (Milano) – feudo riconosciuto della ‘Ndrangheta nell’hinterland milanese – su lussuose auto con targhe ticinesi e grigionesi: si trattava proprio degli amministratori recenti e passati delle due società “svizzere”. 

A questo punto molti temono che ramificazioni della cosca, arrivata 40 anni fa dall’Aspromonte alla Lombardia, siano ora sconfinate nella Svizzera italiana.   

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